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ARSENALI E FABBRICHE
Arsenali
- Terni
- Brescia
- Gardone Val Trompia
​- Roma
- Torino
- Torre Annunziata
- Direzioni di Artiglieria
Fabbriche Private
- Beretta
​- M.I.D.A.
- N&VC
- MBT
​- Pietro Lorenzotti
- F.N.A.
- Armaguerra Cremona
- Altre Fabbriche
- Fabbriche private di munizioni
​- Fabbriche private di baionette
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ARSENALI
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TERNI
Regia Fabbrica d'Armi Terni
Fabbrica d'Armi Regio Esercito Terni
Fabbrica d'Armi Esercito Terni
Polo Mantenimento Armi Leggere Terni
Già nel 1862 il Ministero della Guerra cominciò a discutere sulla possibilità di creare un arsenale centrale unificato per il neonato Regno d'Italia. Venne ritenuta ideale la zona tra Umbria, Lazio ed Abruzzo, storicamente dedita alla siderurgia, ma la stretta vicinanza allo Stato pontificio costituì un forte deterrente, soprattutto con l'esercito francese a proteggere gli ultimi possedimenti papali nel Lazio.
La situazione cambiò nel luglio 1866, quando la battaglia di Königgrätz/Sadowa dimostrò alle potenze europee la necessità di armare le loro unità di fanteria di prima linea con un affidabile fucile a retrocarica, capace di fuoco "rapido" e prolungato. Gli arsenali italiani, a quel tempo, non erano in grado di sostenere un riarmo totale dell'esercito italiano (gli arsenali di Torino, Torre Annunziata e Brescia, erano in grado, insieme, di produrre solo circa 3-5.000 fucili al mese), quindi venne presa la decisione di finanziare la costruzione di un nuovo arsenale centrale, ampio e moderno.
Nel frattempo, gli altri arsenali vennero potenziati e ammodernati per poter sostenere al meglio un futuro riarmo dell'Esercito Sabaudo.
Con il Regio Decreto n.3255 del 29 settembre 1866 furono stanziati 1 milione di lire di fondi per individuare la migliore sede per il nuovo stabilimento, rinnovandoli il 26 aprile 1872.
Infine, il sito della fabbrica venne situato fuori dalla città industriale di Terni, già fiorente centro siderurgico.
Con il Regio Decreto n.1860 del 19 marzo 1874 venne finanziata la costruzione dell'Arsenale di Terni, mentre la prima pietra venne posta il 2 maggio 1875 e i necessari macchinari furono acquistati con Regio Decreto n.5478 del 13 giugno 1880.
Il nuovissimo Arsenale di Terni disponeva di un edificio principale destinato alla produzione, diversi edifici accessori come laboratori e uffici e un poligono di 200 metri per le prove delle armi.
Alla fine del 1880, Terni assunse diverse centinaia di maestranze specializzate provenienti dagli altri arsenali (Torino, Brescia e Torre Annunziata) e avviò la produzione del Fucile Vetterli mod. 1870, raggiungendo la rispettabile quota di 25 fucili prodotti all'ora in tempo di pace.
Quando venne adottato il Fucile mod. 1891, il Regio Esercito pensò di poter dismettere definitivamente gli altri Arsenali e lasciare solo Terni come principale Fabbrica di armi. Ma l'Esercito dovette scontrarsi con la dura realtà, visto che lo stabilimento ternano aveva bisogno di anni per riconvertire la propria produzione e soprattutto per riarmare l'intero esercito. Pertanto, nel frattempo, la produzione in piccoli lotti di fucili venne assegnata anche agli altri arsenali, in modo da mantenere la produzione a livelli decenti e rifornire in tempi brevi le unità in servizio attivo.
​
Nel 1900 Torino e Torre Annunziata completarono i loro lotti principali e vennero declassate da Fabbriche d'Armi ad Arsenali di Costruzione, incaricate della sola riparazione e manutenzione delle armi leggere. Brescia rimase attiva per produrre i Moschetti (sia Cavalleria che T.S.), al fine di semplificare ulteriormente la logistica e le linee produttive di Terni.
Nel 1915 l'Arsenale di Terni impiegava circa 2000 persone ed era in grado di produrre circa 270 fucili al giorno.
All'entrata dell'Italia nel primo conflitto mondiale, tutto il peso della produzione bellica di armi leggere gravava sulle spalle di Terni.
La guerra di trincea, che con le sue continue offensive sul carso richiedeva uno sforzo logistico importante, fu sicuramente la più dura sfida per l'Arsenale, ma con l'aiuto di subappaltatori per le parti metalliche di fabbriche ausiliarie per la produzione di canne e culatte mobili (in particolare l'Officina di Costruzione d'Artiglieria di Roma e la fabbrica privata MIDA), i flussi di fucili verso il fronte riuscirono a rimanere costanti.
La conversione dei fucili mod. 1870/87 in 6.5mm, gestita principalmente da fabbriche ausiliarie come l'arsenale di Roma, aiutò in questo sforzo, liberando il maggior numero possibile di fucili mod. 91 per le prime linee del fronte.
Nel 1918 l'Arsenale di Terni era in grado di produrre circa 2000-2500 fucili al giorno, impiegando circa 7.000 persone, di cui 3.000 donne.
Con la fine della Prima Guerra Mondiale, lo Stato italiano era fortemente indebitato, per cui i primi tagli furono destinati all'industria degli armamenti. La Fabbrica d'armi di Brescia venne completamente chiusa nel 1922, mantenendo solo lo stabilimento produttivo di Gardone Val Trompia, ridimensionato a Direzione d'artiglieria. Terni rimase completamente senza nuove produzioni per quasi un decennio, concentrandosi solo sul ricondizionamento delle armi e sulla conversione dei vecchi fucili alle specifiche del Moschetto mod. 91/24.
Con il rinnovarsi degli scontri in Libia e sul confine con l'Etiopia, la produzione della Fabbrica d'Armi Regio Esercito di Terni venne riavviata, lentamente ma efficacemente: Moschetti, Moschetti per T.S. e Fucili mod. 91 vennero nuovamente prodotti, anche se solo nell'ordine delle decine di migliaia all'anno.
Con l'introduzione del progetto mod. 38 Terni fu completamente riorganizzato per la nuova produzione: nuovi macchinari, dipendenti e materie prime contribuirono a riportare la produzione a livelli discreti, raggiungendo le circa centomila armi prodotte (o convertite, nei primi lotti) all'anno.
Allo scoppio della Seconda Guerra Mondiale, Terni era pronta alla sfida che le veniva posta: la forza lavoro della fabbrica salì a 6800 impiegati, permettendo alla produzione di salire nuovamente fino a 2000 fucili al giorno (concentrandosi nei primi anni di guerra soprattutto sulla produzione di fucili mod. 91/38), consentendo in questo modo al Regio Esercito italiano di non soffrire in alcun modo la carenza di armi.
Nel 1941 la Direzione supervisione sviluppò il Fucile mod. 91/41, con l'intento di dotare le squadre di Fanteria di un fucile con migliori prestazioni balistiche rispetto al mod.91/38 in 6,5x52, andando incontro alle necessità dello Stato Maggiore e dell'Industria Privata.
l'11 Agosto la Fabbrica venne bombardata dagli aerei Anglo-Americani, causando la morte di 30 impiegati, incluso il direttore della fabbrica, Generale Passarelli. La struttura subì diversi danni, limitando ulteriormente la produzione, già rallentata dagli eventi bellici.
Dopo l'armistizio italiano dell'8 settembre 1943, i tedeschi presero il completo controllo della fabbrica, bloccando la produzione e spostando la maggior parte dei macchinari al nord.
Quando Terni fu liberata dalle truppe alleate nel 1944, i vecchi dipendenti rivelarono di aver custodito e nascosto alle requisizioni tedesche la maggior parte degli utensili sofisticati, soprattutto i diamanti industriali e altri strumenti preziosi.
Quando gli Alleati liberarono il Nord Italia, i dipendenti Terni fecero del loro meglio per ritrovare e riportare al loro posto i macchinari rubati.
Dopo la Seconda Guerra Mondiale, l'Italia era piena di centinaia di migliaia di armi da fuoco di ogni tipo, provenienza e calibro: armi catturate durante le offensive italiane nei Balcani, in Francia e Russia, armi abbandonate dall'esercito italiano e tedesco, armi importate dalle truppe alleate... Terni ebbe il compito gravoso di raccogliere tutte queste armi nei suoi magazzini, controllandole e riarsenalizzandole tutte (concentrandosi principalmente sulle ordinanze italiane e alleate), per essere pronti in caso di improvvisa invasione sovietica: gli anni della “guerra fredda” erano ancora caldi nel 1945-1949 e ogni arma era necessaria.
Il 1946-1948 fu un periodo florido per la fabbrica di Terni, che controllò e riparò dove necessario quasi ogni singolo fucile carcano su cui riuscì a mettere le mani.
In questo periodo la Fabbrica cambiò anche nomenclatura, passando da Fabbrica d'Armi Regio Esercito Terni a Fabbrica d'Armi Esercito Terni in seguito alla fine del Regno d'Italia, il 2 giugno 1946.
Dopo il 1948, non fu più necessario ricondizionare centinaia di migliaia di armi né produrne di nuove dal momento che il piano Marshall riuscì a inondare i magazzini italiani con vecchi Garand M1, mentre la Beretta iniziò la propria produzione di M1 poco dopo. Terni si concentrò sulla produzione di qualsiasi prodotto metallurgico necessario in un paese e in un’economia in ripresa come era l’Italia degli anni ’50. Terni pertanto, Fabbrica statale, si mise a produrre letti ospedalieri, strumenti di misurazione e utensili pratiche, pinze, martelli, ecc.
Dopo questo sforzo per favorire la ripresa dell'economia statale, Terni tornò ad essere uno stabilimento per il rinnovamento e la riparazione di armi leggere. Nel 1978 venne ribattezzato da "Fabbrica d'Armi Terni" a "Stabilimento Militare dell'Armamento Leggero di Terni" (S.M.A.L.T) e nel 2000 fu rinominato "Polo Mantenimento Armi Leggere di Terni" (PMAL).
Oggi mantiene la sua funzione di manutenzione delle armi leggere e ospita uno splendido museo che espone molte delle migliaia di armi recuperate in tutta Italia dopo la Seconda Guerra Mondiale.
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BRESCIA
Regia Fabbrica d'Armi Brescia
DA NON CONFONDERE CON
"F.N.A. - BRESCIA" E "MIDA - BRESCIA"
Nel 1797, durante le guerre napoleoniche, l'antico Monastero di San Bartolomeo di Brescia fu trasformato dalle forze Francesi in caserma e deposito/officina di riparazione d'armi. Questa, assieme a un distaccamento produttivo a Gardone val Trompia, venne formalmente dichiarata Regio Arsenale il 29 dicembre 1806, dal vicerè d'Italia Eugenio di Beauharnais.
​Dopo il ritorno del dominio austriaco sulla città, il vecchio monastero venne mantenuto come Deposito d'Armi per la riparazione di armi leggere, ingrandendosi pian piano con i vicini scontri con il Regno d'Italia degli anni Quaranta-Cinquanta dell'Ottocento.
Quando l'Italia prese il controllo della città nel 1859, dopo la seconda guerra d'indipendenza italiana, l'Arsenale fu ulteriormente potenziato, spostando i principali stabilimenti produttivi a Gardone Val Trompia, mantenendo a Brescia gran parte dell'assemblaggio e degli uffici.
Dopo la fondazione dell'Arsenale di Terni nel 1880, gli altri Arsenali (Brescia, Torino e Torre Annunziata) avrebbero dovuto essere dismessi dalla produzione di armi leggere, ma la manovalanza e la tradizione armiera delle valli bresciane riuscirono a tenere a galla l'arsenale bresciano, ottenendo il permesso (e l'esclusiva) per produrre i moschetti mod. 91 (Moschetto e Moschetto per T.S.).
Nel 1911, causa le eccessive spese di mantenere due poli di produzione e l'eccessiva vicinanza della Fabbrica di Brescia al Confine Austriaco (40km) la fabbrica sembrò sull'orlo di essere chiusa, ma nuovamente le maestranze e i governi locali riuscirono a mantenere attive le linee di produzione.
Questo si rivelò molto utile durante la Prima Guerra Mondiale, perché avere un Arsenale così vicino al fronte dell'Isonzo e dell'Altopiano di Asiago era sicuramente un vantaggio logistico.
L'Arsenale di Brescia, durante la guerra, decuplicò i suoi dipendenti, riparando quante più armi possibili, subappaltando la produzione di parti a tutta la regione (la Val Trompia è ancora oggi una delle regioni produttrici di armi più importanti al mondo) e facendo uscire dalle sue linee di produzione quanti più moschetti possibili.
Nonostante gli sforzi profusi durante la guerra, i debiti contratti dal governo italiano per sostenere lo sforzo bellico costrinsero alla chiusura dell'arsenale di Brescia nel 1923, dopo anni di dure battaglie sindacali e dei governi locali. Lo stabilimento produttivo di Gardone fu mantenuto operativo per piccole produzioni come Ufficio Provvisorio di Artiglieria fino al 1926, quando diventò Sezione staccata della Fabbrica d'Armi di Terni.
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GARDONE V.T.
​Sezione Fabbrica d'Armi Regio Esercito
Gardone Val Trompia
DA NON CONFONDERE CON "BERETTA - GARDONE V.T."
Come abbiamo scritto nel paragrafo relativo alla Fabbrica d'Armi di Brescia, lo stabilimento produttivo di Gardone Val Trompia era già attivo all'inizio dell'800, ma verrà sviluppato nella sua forma definitiva alla fine dell'Ottocento (intorno al 1870 con la nuova produzione di Vetterli) per ampliare le capacità della sede centrale della Fabbrica d'Armi di Brescia, fortemente ostacolate dalla sua ubicazione nel centro della città.
Gli stabilimenti di Gardone V.T. divennero così il cuore pulsante dell'arsenale di Brescia, producendo tutte le parti necessarie per Fucili e moschetti mod. 70 e revolver mod.74 alla sua fondazione e per fucili e carabine mod. 91 e Revolver mod.1889 nei decenni successivi.
Quando nel 1923 venne chiuso l'Arsenale di Brescia, gli impianti di Gardone V.T. vennero mantenuti a regime minimo come Ufficio Provvisorio di Artiglieria, revisionando armi e producendo minuterie ed accessori.
Con la ripresa della corsa agli armamenti da parte del Regio Esercito, Gardone V.T., intorno al 1926, divenne Sezione Fabbrica d'Armi R.E., sotto la direzione tecnica di Terni; Successivamente, il 5 Agosto 1932, tornò ad essere un ente autonomo. Tra l'agosto 1932 ed il febbraio 1935 lo stabilimento fu ripristinato per la produzione di armi leggere, decuplicando i dipendenti.
Durante la guerra di Etiopia arrivò ad assumere 1300 persone, producendo circa 60.000 moschetti, con una media di 500 armi al giorno.
Nel 1937 gli addetti vennero ridotti a soli 300, ma l'anno successivo la Sezione di Gardone V.T venne incaricata di allestire i fucili del contratto Giapponese per la produzione di 130.000 Type I per il Ministero della Difesa Giapponese, tornando ad assumere 800 operai.
Nel 1939, con 1500 operai, la fabbrica riuscì a convertire circa 120.000 moschetti al 7.35.
All'entrata in guerra dell'Italia nel 1940 la fabbrica aumentò le proprie maestranze a circa 2500 unità, producendo 255.000 moschetti.
Nel 1941 gli operai salirono a 2860, producendo 278.870 moschetti.
Nel 1942 la produzione rallentò, producendo circa 150.000 moschetti
nel 1943, vennero prodotti circa 200.000 moschetti prima dell'armistizio del Settembre 1938.
All'8 Settembre 1942 la fabbrica impiegava direttamente 2650 operai, producendo più di 800 moschetti al giorno.
Quando il nord Italia venne occupato dalle forze tedesche, l'Organizzazione Todt Assegnò gli stabilimenti produttivi della Fabbrica d'Armi alla ditta Officine Meccaniche di Brescia per montaggio autocarri, mantenendo il più possibile gli stessi operai impiegati precedentemente.
Durante l'occupazione tedesca i 3/4 dei macchinari della fabbrica vennero asportati per essere destinati ad altri opifici o per essere trasportati direttamente in altre località, lasciando la fabbrica in condizioni disastrose.
Dopo la guerra il Ministero della Difesa mantenne solo un piccolo edificio per la manutenzione, riparazione e il collaudo delle armi (la Beretta è a 500 metri di distanza e le armi Beretta prodotte per l'Esercito Italiano necessitavano ancora dell'approvazione dei tecnici dell'Esercito).
Gli impianti produttivi, dopo che la O.M. licenziò tutti gli operai nel Novembre 1948, furono poi rilevati dalla ditta motociclistica Minganti di Bologna, poi rinominata MI-VAL, operativa fino al 1968.
​
​I suoi stabilimenti e terreni furono quindi acquistati da un fondo fiduciario guidato dalla Beretta, che demolì una parte del vecchio stabilimento per costruire moderni capannoni industriali conto terzi, mentre gli edifici principali esistono ancora, riutilizzati da alcune piccole imprese locali.
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ROMA
Officina Costruzioni d'Artiglieria - Roma
Fabbrica d'Armi Regio Esercito Roma
L'Officina di Costruzione di Artiglieria di Roma fu istituita inizialmente negli anni '80-'90 dell'Ottocento, come parte della Direzione di Artiglieria di Roma, per costruire minuterie e riparare pezzi di artiglieria.
All'entrata in guerra dell'Italia nella Prima guerra mondiale nel Maggio 1915, l'officina venne ampliata con la requisizione di alcuni stabilimenti produttivi sulla via Flaminia, sui due lati di via Guido Reni. La gran parte degli impianti produttivi appartevano alla Società Automobilistica "Roma", che vi aveva allestito una fabbrica e una carrozzeria; di fianco a quest'ultima vi erano un paio di lotti occupati dalla Società per l'Acciaio e dalla Società Imprese Illuminazione.
Tutti questi stabilimenti verranno ampliati dall'architetto Amerigo Allegretti con nuovi padiglioni produttivi, alloggi e caserme, diventando rispettivamente un officina per la produzione di armi ed uno spolettificio (allestito nella ex carrozzeria).
Il 1° agosto 1915, mentre i nuovi stabilimenti produttivi venivano ampliati ed allestiti, l'officina divenne ufficialmente una Sezione produttrice dell'Arsenale di Terni, deputata ad aiutare nella produzione bellica, mentre il 9 luglio 1916 tornò ad essere autonoma come Officina di Costruzioni di artiglieria di Roma.
L'officina di Roma si sarebbe concentrata inizialmente sulla conversione dei vecchi fucili Vetterli mod.70/87 al calibro 6,5x52 e al conseguente standard 70/87/16, tubandone le canne con il metodo Salerno e mettendovi il serbatoio Mannlicher-Parravicino delle armi 91.
Vennero poi incaricati di realizzare circa 240.000 canne per Fucile mod. 91, assemblandole e abbinandovi le relative baionette. La gran parte di questi fucili venne, molto probabilmente, realizzata con parti prodotte da altre fabbriche ausiliarie o consegnate dall'arsenale di Terni stesso.
Nel 1917 cominciarono anche le sperimentazioni con la tubatura delle canne dei fucili mod.91, sia per creare nuove canne consumando meno acciaio sia per riparare le vecchie canne consumate dai combattimenti e dalle munizioni corrosive.
Nel 1920 prese ufficialmente la denominazione di Regia Fabbrica d'Armi di Roma, denominazione riservata agli impianti "autonomi" di produzione di armi, ma che le venne revocata solo tre anni dopo.
Dopo la Prima Guerra Mondiale si concentrò sulle riparazioni e sulla produzione di piccole parti, rimettendo a nuovo diverse armi nel corso dei primi anni '20.
Nel 1925 la parte di produzione d'artiglieria degli impianti venne ceduto alla Breda, che vi allestì la sua fabbrica d'armi di Roma, prima di trasferirla a Torre Gaia nel 1935.
​
Lo Spolettificio invece continuò ad operare, tornando autonomo nel 1926 con il titolo di "Spolettificio Regio Esercito di Roma", ed espandendosi nel 1935 dopo lo spostamento degli impianti Breda.
Durante la seconda guerra mondiale sarà un importante centro di produzione di munizionamento di artiglieria, raggiungendo i 3500 operai.
Dopo la Seconda guerra Mondiale la Fabbrica d'Armi ottenne una nuova funzione, venendo ridenominata Stabilimento Militare Materiali Elettronici di Precisione, che chiuse le sue attività negli anni '90.
Gran parte degli edifici della Fabbrica d'Armi sono ancora tutt'oggi caserme ed edifici del Minsitero della Difesa, mentre altri sono stati riconvertiti ad uso museale. In particolare al posto dello spolettificio oggi c'è il Maxxi, il Museo Nazionale delle arti del XXI secolo, mentre sull'ex officina sorgerà la Città della Scienza di Roma.
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TORINO
Regia Fabbrica d'Armi Torino
Officina Costruzioni d'Artiglieria Torino
Fondato il 26 ottobre 1715 e ultimato nel dicembre dello stesso anno, l'Arsenale di Torino nasce come fonderia di acciaio per la produzione di canne di moschetto e fucile per il piccolo esercito piemontese. Nel giro di 7 anni lo stabilimento produttivo si amplia notevolmente, creando le basi per una fabbrica di armi fiorente e tecnicamente avanzata. Molti armaioli specializzati vengono trasferiti e assunti dal bresciano, ancora oggi una delle regioni produttrici di armi più importanti del mondo.
La fabbrica si espanse lentamente nel corso del XVIII e XIX secolo, equipaggiando prima l'Esercito Piemontese, dopo il 1821 l'Esercito Sardo e nel 1861 il Primo Esercito Italiano.
Nel 1862 la Fabbrica era in grado di produrre circa 18mila moschetti e 15mila baionette all'anno, con un organico di diverse centinaia di dipendenti.
​
Torino rimase uno dei principali Arsenali Produttivi del Regno d'Italia (insieme a Brescia e Torre Annunziata) fino alla fondazione dell'Arsenale di Terni nel Centro Italia, che lentamente assorbì gran parte delle produzioni di armi leggere. Torino fu mantenuta operativa per la produzione di armi leggere fino al 1900-1902, poi fu dismessa come Fabbrica attiva e mantenuta solo come Arsenale di Costruzioni di Torino per piccoli lavori di riparazione e manutenzione di armi di grande e piccolo calibro.
​
nel 1937 i terreni dello stabilimento originario, in gran parte abbandonati, furono venduti alle Acciaierie FIAT. Pesantemente bombardata durante la seconda guerra mondiale, l'area venne riqualificata in quello che oggi è il Parco Dora. Le fondamenta della vecchia Fabbrica d'Armi sono oggi parte integrante del Centro Commerciale Parco Dora.
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TORRE ANNUNZIATA
Regia Fabbrica d'Armi Torre Annunziata
Arsenale Costruzione d'Artiglieria Torre Annunziata
Spolettificio Regio Esercito Torre Annunziata
​Fondato nel 1652 durante il dominio spagnolo del Regno di Napoli, fu uno dei principali arsenali del successivo dominio borbonico sul Regno delle Due Sicilie. Dopo l'Unità d'Italia nel 1861, l'Arsenale di Torre Annunziata produsse armi leggere e artiglierie per il Regio Esercito Italiano.
Nel 1864 la Fabbrica subì un piccolo aggiornamento ed ampliamento, che ebbe però vita breve: con l'istituzione del nuovo Arsenale di Terni nel 1880, l'Arsenale di Torre Annunziata venne lentamente dismesso, cessando la produzione di armi leggere nel 1900-1902, mentre passò a quella di munizioni per artiglieria. Intorno al 1911 divenne sezione dell'Arsenale di Napoli.
Nel 1916 una parte dell'azienda venne ufficialmente ribattezzata "Spolettificio di Torre Annunziata" e dedicata alla produzione di spolette, cariche, carichi e all'assemblaggio di parti di carichi utili per artiglieria.
​
nel 1984 cambiò nome in Stabilimento Militare Spolette Torre Annunziata e tutt'oggi mantiene la sua funzione di riparazione di pezzi di artiglieria e controllo munizioni.
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ARSENALI REGIO ESERCITO
Opifici Statali addetti alla produzione di accessori, buffetterie, pezzi d'artiglieria, elmetti, casse, dispositivi e qualunque altro materiale l'esercito potesse produrre in proprio.
ARSENALE REGIO ESERCITO NAPOLI (AREN)
ARSENALE REGIO ESERCITO PIACENZA (AREP)
ARSENALE REGIO ESERCITO TORINO (ARET)
DIREZIONI DI ARTIGLIERIA
Direzione di Artiglieria Alessandria
--WIP--
Direzione di Artiglieria Bologna
--WIP--
Direzione di Artiglieria Genova
Officina di Costruzione d'Artiglieria Genova. --WIP--
Direzione di artiglieria Mantova
Fondato con REGIO DECRETO 10 ottobre 1866, n. 3271 --WIP--
Direzione di Artiglieria Napoli
Arsenale di costruzioni di Napoli --WIP--
Direzione di Artiglieria Piacenza
Fondato nel 1863 nell'antico Castello della Famiglia Farnese, fu uno dei principali stabilimenti di riparazione delle artiglierie nella zona. Nel 1911 l'arsenale fu diviso in 3 diversi laboratori, uno per la ristrutturazione degli affusti d'artiglieria, uno per la produzione di inneschi e cariche di artiglieria, uno per il caricamento dei proiettili di artiglieria. Nel 1926 divenne "Arsenale Regio Esercito Piacenza" e dopo la Seconda Guerra Mondiale continuò a funzionare fino ad oggi come "Polo Mantenimento Pesante"
Direzione di Artiglieria Roma
Vedi: Roma
Direzione di Artiglieria Torino
Officina Costruzioni Torino --WIP--
Direzione di Artiglieria Trieste
Nel 1809, durante l'occupazione francese di Trieste nell'ambito delle guerre napoleoniche, l'antico Lazzaretto della città fu trasformato in caserma e deposito d'armi. Dopo il ritorno del dominio austriaco sulla città, il Lazzaretto Vecchio fu mantenuto come Deposito d'Armi per piccole riparazioni, e nel 1868 fu trasformato in un vero e proprio Arsenale per il rinnovamento dell'artiglieria navale e terrestre.
Quando Trieste passò sotto il dominio italiano nel 1919, l'arsenale mantenne la sua funzione, in scala molto ridotta, fino agli anni '30-'40. Dopo la seconda guerra mondiale fu utilizzato dall'AMGOT della città come deposito di veicoli. Oggi il suo edificio principale ospita il Museo "Mare e Navigazione".
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Direzione di Artiglieria Verona
Fondata nel 1861 dall'Esercito Austriaco, venne sviluppata per la manutenzione di armi leggere e pezzi d'artiglieria, creando affusti d'artiglieria, accessori per armi leggere. Nel 1866 passò sotto il dominio italiano dopo la terza guerra d'indipendenza italiana (REGIO DECRETO 10 ottobre 1866, n. 3271), e continuò a restaurare armi grandi e piccole fino alla Seconda Guerra Mondiale, quando fu gravemente danneggiata dai bombardamenti alleati. Ha mantenuto gli uffici dell'Esercito Italiano fino agli anni '90. Ora è un parco pubblico della città di Verona.
ARSENALI REGIA MARINA
Direzione di Artiglieria Venezia
Regio Arsenale di Venezia REGIO DECRETO 10 ottobre 1866, n. 3271 Nel 1884 la "Direzione di Artiglieria e di Torpedini (Artillery and torpedos)venne unita con l'ufficio armi leggere, diventando "Direzione di Artiglieria del terzo dipartimento marittimo" chiuso nel 1917.
Direzione di Artiglieria di Taranto
Regio Arsenale di Taranto --WIP--
Direzione di Artiglieria di Spezia
Regio Arsenale di Spezia
Direzione di Artiglieria di Messina
Regio Arsenale di Messina --WIP--
Direzione di Artiglieria della Maddalena
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FABBRICHE DI MUNIZIONI STATALI
Laboratorio Pirotecnico del Regio Esercito di Capua
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Laboratorio Pirotecnico Regio Esercito Bologna
1880- --WIP--
Polverificio di Fossano
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Polverificio del Regio Esercito di Fontana Liri
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INDUSTRIE PRIVATE
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BERETTA
Fabbrica d'Armi Pietro Beretta - Gardone Val Trompia
DA NON CONFONDERSI CON "GARDONE V.T."
​Fondata nel XVI secolo, la Fabbrica d'Armi Beretta è oggi la più importante fabbrica di armi della Val Trompia, e probabilmente dell'intero Paese.
Mentre all'inizio del XX secolo era ancora concentrata sulla produzione di armi da fuoco commerciali, durante la prima guerra mondiale ebbe i suoi principali contratti per l'esercito, che contribuirono a lanciare il suo dipartimento di ricerca e sviluppo, assieme alle nuove linee di produzione militare.
Per aiutare lo sforzo bellico produssero pistole, come la Beretta M1915 in calibro 9 glisenti e la M1917 in calibro .32, Moschetti automatici come il MAB M1918, mentre produssero altre parti di armi come canne di mitragliatrici e parti minori di armi Carcano.
Beretta rimase uno dei principali produttori di pistole e mitragliette per l'Esercito negli anni '20 e '30 (con le pistole M23, M34 e M35 e il MAB M1918/30 ), al che iniziò a produrre anche fucili e moschetti Carcano per restare a galla durante la crisi finanziaria globale dei primi anni ’30.
Durante la seconda guerra mondiale la Beretta fu coinvolta completamente nello sforzo bellico, producendo fucili, moschetti, pistole, il famigerato MAB mod. 38A , con le sue successive evoluzioni (38/42, 38/44). Si ebbero anche molti contratti per l'estero, in particolare pistole e mitragliette per la Romania, e, durante l'occupazione tedesca, la fabbrica fu costretta a produrre pistole Mod.35 per le forze d'occupazione.
Dopo la Seconda Guerra Mondiale, passato un periodo di crisi nell'immediato dopoguerra con licenziamento di 1400 operai, la Fabbrica Beretta continuò a produrre armi per il governo italiano e per molti paesi stranieri specialmente grazie al progetto del BM59, che consisteva nel convertire a buon mercato gli M1 Garand americani in fucili da battaglia automatici in 7.62x51 NATO.
Il più grande colpo per la Beretta però fu sicuramente quando riuscì a vincere, nel 1982, il bando dell'Esercito Statunitense per l'adozione di una nuova pistola d'ordinanza. La Beretta prevalse sulle concorrenti con la sua pistola M92, adottata come M9.
La Beretta è ancora oggi uno dei principali fornitori di armi da fuoco per il governo italiano, avendo prodotto i Fucili d'ordinanza BM59, AR70/90 e AR160, insieme alle diverse versioni della pistola M92 per la maggior parte delle sue forze armate.
Il marchio è ancora riconosciuto in tutto il mondo per la produzione di pistole per difesa personale e da competizione, oltre a fucili di lusso. Negli ultimi anni si sta espandendo anche nel settore dei fucili da caccia e di precisione con le sue filiali, come la SAKO.
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MIDA
Manifattura Italiana D'Armi - Brescia
​Precedentemente conosciuta come S.A. Toschi-Castelli (azienda fondata nel 1900), la Manifattura Italiana Di Armi (MIDA), era una fabbrica d’armi di Brescia che cominciò le sue attività nell’ottobre 1915 in Via Milano 24, sede storica della Toschi-Castelli.
La Toschi & Castelli si era già ampiamente inserita nel mercato armiero, avendo rilevato la produzione della Glisenti di Revolver mod. 1874 per le forze di pubblica sicurezza e di Revolver Bodeo Mod.1889 per il Regio Esercito.
I due fondatori della ditta, Giuseppe Toschi e Giuseppe Antonio Castelli, all’entrata in guerra dell’Italia nella prima guerra mondiale decisero di cambiare ragione sociale al fine di poter attirare meglio gli investimenti del Ministero della Guerra.
Furono particolarmente aiutati in questa impresa dall’avere all’interno del consiglio di amministrazione Alfredo Scotti, grande progettista di armi Bresciano, il quale riuscì ad ottenere un contratto per la produzione di 100,000 fucili mod.91 nel Novembre 1915, e uno per 50,000 fucili nel Settembre 1918. [1]
Con questi contratti in mano la MIDA riuscì ad espandere le proprie linee di produzione, comprando una seconda fabbrica nella città di Brescia (in via Apollonio) [2] e acquistando la Fabbrica d’armi Lario di Como e le fabbriche SAILA - Officine Meccaniche di Roma [3]. In questo modo passò dai 150 operai della Toschi Castelli nel 1915 ai 1600 impiegati del 1917, capaci di produrre, nel 1918, una media di 350 fucili al giorno.
Assieme ai 134,000 fucili complessivi assemblati (l’ultimo contratto da 50,000 fucili non venne completato per la fine delle ostilità), la MIDA produsse anche 172,000 Revolver Bodeo M1889 e 46,000 Pistole lanciarazzi da segnalazione modello Very. [4]
La MIDA nel 1916 cominciò a sviluppare anche una Mitragliatrice “portatile”, nota come Mitragliatrice “MIDA” 1917 [3] le cui foto circolano regolarmente nei forum dei collezionisti, confusa per una mitragliatrice Perino 1909 modificata.
Nella primavera del 1918 l’azienda venne incaricata dalla SIAI, Società Idrovolanti Alta Italia, di fabbricare un Moschetto Automatico in concorrenza ai progetti Revelli-Beretta; questa collaborazione culminò in 300 moschetti fabbricati e testati dall’esercito, che però li reputò avere un rateo di fuoco troppo alto ed incontrollabile, e pertanto li convertì quasi tutti agli standard dei MAB 1918.[5]
Tutte le produzioni della MIDA terminarono nel 1919.
Nell’immediato dopoguerra, l’azienda venne messa sotto processo dalla commissione parlamentare di inchiesta sulle spese di guerra, che trovò un sovraprofitto pari a 4 milioni di lire dell’epoca sulle forniture[6], condannandola al risarcimento completo e a una grossa multa. L’otto Agosto 1924 la ditta fu pertanto dichiarata fallita per bancarotta.
Nel 1919 il sig. Castelli aveva già avviato un attività commerciale in proprio, nota come G.A. Castelli, chiusasi con la sua morte nel 1921. I figli Napoleone e Vittorio continueranno a lavorare nel campo delle armi, fondando la Napoleone & Vittorio Castelli a Stocchetta, località a nord di Brescia.[4]
Oggi, gli uffici principali della MIDA di Brescia in via Milano sono abbandonati e in vendita, mentre gli stabilimenti produttivi retrostanti sono stati quasi interamente riciclati come abitazioni.
Gli stabilimenti di Via Apollonio, assorbiti dalla F.N.A. durante la seconda guerra mondiale, sono invece oggi parte di una scuola tecnica e di altri esercizi commerciali.
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N&VC
Napoleone & Vittorio Castelli - Brescia
l fondatore della Toschi-Castelli, Giuseppe Toschi, morì nel 1916, così nel 1919, al termine della produzione bellica con la MIDA, il suo socio Giuseppe Antonio Castelli fondò la Ditta G. Castelli, che operò fino alla sua morte, avvenuta nel 1921. I figli, Napoleone e Vittorio Castelli, continueranno a mandare avanti l’azienda armiera familiare.
Napoleone aveva brevettato poco prima della Grande Guerra il meccanismo per il Fucile modello 91 per Allievi Tiratori, selezionato dal Ministero della Guerra nel 1914 per dotare in maniera omogenea le varie sezioni del Tiro a Segno Nazionale. Si trattava di un Fucile mod.1891 in scala ridotta che sparava cartucce in .22 o in 6 flobert, utile per avviare al Tiro a Segno i giovani italiani.
La N&VC mantenne il monopolio per la produzione di quest’arma fino al 1926, quando la produzione di questa passò alla Anelotti & Gualla.
Tra il 1922 e il 1923, la NeVC si concentrò sulla produzione di Revolver Mod. 1889 Bodeo alleggeriti per le forze armate del Regno, proseguendo poi la produzione tra il 1924 e il 1927 per il mercato civile.
Verso la fine degli anni venti (sulle armi si riscontrano le date 1928-1930) la N&VC rilevò una piccola partita di Moschetti mod.91 per TS dismessi dall’esercito, risistemandoli (sostituendo calciatura e riparando le parti metalliche) per poterli poi rivendere sul mercato civile, con una nuova matricola.
Tra il 1930 e il 1932 parteciparono, assieme alla Bernardelli, alla trasformazione dei Revolver della Guardia di Finanza, ancora con meccanismi interni della Chamelot-Delvigne, allo standard del Bodeo mod.1889 tipo B.
Apparentemente Alfredo Scotti rimase in contatto con la famiglia Castelli, in quanto la NeVC risulta tra i collaboratori per lo sviluppo e la produzione del fucile semiautomatico Scotti modello X nel 1932-33.[7]
La NeVC risulta ancora operativa nel resto degli anni ‘30, soprattutto per la produzione di revolver per il mercato civile, basati su modelli Smith&Wesson.
La sua sede di produzione, se sopravvissuta a nove decadi di cambiamenti urbani, non è ancora stata rintracciata.​
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MBT
Metallurgica Bresciana già Tempini
La MBT iniziò la sua attività come Metallurgica Tempini nel 1886, quando Giovanni Tempini avviò la sua attività nella periferia della città di Brescia. Intraprese fin da subito la produzione di ogni genere di articoli metallurgici, compresi materiali per Il Regio Esercito e per la Regia Marina, creando Bossoli, granate e pezzi d'artiglieria, produzione che continuerà fino alla fine della Seconda Guerra Mondiale.
Agli inizi del 1900 cambiò nome in S.A. (Società Anonima) Metallurgica Bresciana già Tempini, nome che manterrà fino alla chiusura.
Per i collezionisti di armi ovviamente la MBT è conosciuta soprattutto perché nel 1907 rilevò l’attività armiera della ditta Glisenti, e con essa il dipartimento di ricerca e sviluppo con i suoi brevetti. Con queste acquisizioni ottenne il Brevetto e i prototipi della Pistola automatica mod.1910 sviluppati da Bethel Revelli, che verranno migliorati dalla MBT per il 9x19 Glisenti e presentati al Regio Esercito per l’approvazione.
La vera produzione della pistola iniziò nel 1909 e continuò per un paio di decenni, in numeri relativamente piccoli, comprese le diverse versioni della pistola, come la Brixia.
Con l'entrata dell'Italia nella Prima Guerra Mondiale, la produzione della MBT decuplicò: i proiettili di artiglieria erano richiesti in volumi molto più elevati, ma anche le mitragliatrici erano estremamente necessarie per soddisfare le esigenze del fronte, che richiedeva un costante ricambio di uomini e materiali.
Così, la MBT contribuì allo sforzo bellico producendo su licenza circa 37.500 Mitragliatrici Fiat-Revelli Mod. 1914 [4], quasi quattro volte le mitragliatrici prodotte dalla stessa Fiat nel medesimo periodo. Grazie a questa collaborazione, gli stabilimenti FIAT furono liberi di produrre molti più veicoli e aeroplani per lo sforzo bellico.
Dopo la Prima Guerra Mondiale, come in molti altri settori, la produzione della MBT ristagnò e molte linee di produzione dovettero essere chiuse, ma l'attività complessiva legata alla metallurgia continuò.
la MBT risulta essere una dei produttori di Carcano più desiderabili per i collezionisti, a causa dei suoi bassissimi numeri di produzione realizzati (circa 6000).
Questi 6000 moschetti per T.S. non sembrano essere stati creati completamente dalla MBT, in quanto otturatori e culatte risultano essere di altri produttori: in particolare la gran parte risultano essere produzioni di Terni dal periodo 1897-1918. Molto probabilmente questa commessa è stata parallela a quella che la Regia Marina affidò alla neonata F.N.A., per la conversione di 10,500 fucili alle specifiche dei Moschetti per T.S. (e non dei 91/24)[8]
Nel 1935 la quota di maggioranza della MBT venne acquisita dalla Società Metallurgica Italiana, mantenendo la produzione di articoli metallici e materiale bellico.
Nello stesso anno, la MBT ottenne due grossi contratti militari: uno era quello di produrre il nuovo mortaio d'assalto da plotone, il Brixia Mod.1935 da 45 mm, che sostituì completamente il ruolo del Tromboncino mod.1928.
Il secondo grande contratto per il Regio Esercito consisteva nella conversione di migliaia di mitragliatrici FIAT-Revelli mod.1914 dal loro originale 6,5x52 al nuovo calibro 8x59 Breda, con la nuova denominazione di Mitragliatrice Mod. 1914/35. Oltre al cambio del calibro, la conversione prevedeva la rimozione del manicotto per il raffreddamento ad acqua in cambio di una canna con maniglia per la sostituzione rapida, assieme alla sostituzione del vecchio caricatore “A mattoncino” con un meccanismo alimentato a nastro.
La MBT continuò la sua produzione bellica fino alla fine del 1944. Dopo la guerra abbandonò quasi completamente le sue attività legate all’esercito per concentrarsi su articoli in metallo e metalli laminati ad uso commerciale e civile.
Fu completamente assorbita dalla S.M.I. nel 1958; i suoi ex edifici sono oggi abbandonati, demoliti o utilizzati per altre attività commerciali.[9]
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LORENZOTTI
Fabbrica d'Armi Pietro Lorenzotti - Brescia
Storica azienda d'armi sita in Brescia (Già Colturi & Lorenzotti). Dopo la prima guerra mondiale, intorno al 1921, Lorenzotti acquistò l'edificio di una fabbrica di armi in fallimento per aumentare la sua produzione di fucili da caccia e sportivi, registrando la sua attività nel 1922 [10] e raggiungendo rapidamente le 6000 unità prodotte all’anno nel 1924. [8]
A causa della crisi del 1927-29 e di alcune cattive decisioni finanziarie, il grosso dell'azienda venne ceduto nel Luglio 1929 al cav. Giacinto Mazzola, che diede una svolta all'azienda e alle sue produzioni principali, rinominandola Fabbrica Nazionale d'Armi (ex Lorenzotti) nel Novembre 1929 per poter prendere parte ai bandi di produzione indetti dal Regio Esercito.
I due marchi coesistettero per anni, più che altro per ragioni commerciali, poiché, seppur in modo ridotto, la Pietro Lorenzotti mantenne il settore caccia/sportivo.
I 10,500 Moschetti per T.S. che vediamo oggi sul mercato marcati "Lorenzotti-Brescia" facevano parte di un contratto da parte della Regia Marina per la conversione di Fucili mod.91 ancora in loro possesso. Il contratto, stipulato nel Settembre 1929 sotto la nuova dirigenza, prevedeva di scartare la canna del fucile, montarne una nuova del TS con relative mire, e riadattare le calciature ed i finimenti del fucile ai nuovi standard del T.S.
La Pietro Lorenzotti risulta ancora in attività nel secondo dopoguerra, sempre nello storico negozio di Via Magenta 18 a Brescia. [11]​
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F.N.A.
Fabbrica Nazionale d'Armi - Brescia
DA NON CONFONDERE CON "BRESCIA"
La F.N.A. nacque ufficialmente nel novembre del 1929 dalla ditta Pietro Lorenzotti sull'orlo del fallimento e alla ricerca di un nuovo scopo.
Il nuovo consiglio di amministrazione comprese che nella difficile congiuntura finanziaria del 1929 il mercato commerciale delle armi da caccia era un cattivo investimento, così venne fondata la F.N.A. per poter prendere parte ai bandi per le produzioni militari del Ministero della Guerra, mantenendo il nome Pietro Lorenzotti per le armi commerciali.
Nel settembre 1929 la F.N.A. cominciò le produzioni militari, ottenendo un contratto per convertire 10.500 Fucili mod.91 a Moschetti per T.S. per conto della Regia Marina [8]: questi potrebbero essere i 10,500 moschetti per T.S. marcati "Lorenzotti Brescia", che infatti presentano molto spesso culatte di altri produttori, specialmente produzioni Terni 1897-1919.
Poi, nel maggio 1930, la FNA ottenne un contratto per la produzione di 22.000 Moschetti mod.91 per T.S. [8] (con calciature fornita da Terni), con i quali poterono acquistare ed avviare le nuove linee di produzioni per "Armi da guerra".
​Paradossalmente, le prime canne uscite da queste linee di produzione sono state montate su armi destinate al mercato civile, produzione che continuerà (probabilmente con canne scartate dalle ristrettissime tolleranze dei collaudi militari) fino al 1936.
Le prime armi della produzione militare (circa 3000) vennero cominciate ad essere collaudate e consegnate a fine 1932, consegnandone altre 19.000 (collaudati) nel 1933. A Dicembre 1933 risulta che altri 8000 moschetti fossero in stato avanzato di produzione, con 3100 già in fase di collaudo, citando una nuova commessa da parte della Regia Marina, completa di calciature di nuova produzione.
Successivamente, per alcuni anni, la ditta visse un periodo di stagnazione, tra fantomatiche promesse governative e producendo Moschetti TS per il mercato civile, in attesa di ottenere grossi contratti.
Nello stesso periodo le venne concessa l'esclusiva per la produzione delle carabine Balilla, ma la crisi economica internazionale impedì all’ Opera Nazionale Balilla di rispettare i numeri del contratto originario. Dopo qualche anno, altre ditte concorrenti contribuirono alla produzione di queste carabine.
Alla fine, per superare la crisi, la ditta entrò a far parte dell'IRI (Istituto per la Ricostruzione Industriale) che aiutò la F.N.A. a rimanere a galla fino al 1938, quando i primi grossi contratti per fucili corti e moschetti cominciarono ad arrivare, assieme alla produzione di circa 30.000 fucili Type I per il Ministero della Difesa Giapponese.
Per poter soddisfare questi e altri grossi contratti, la FNA acquistò i vechi impianti di produzione della MIDA in via Apollonio [12]; in questo modo la produzione ebbe modo di crescere in modo esponenziale, passando dalle 100 armi giornaliere nel 1932, alle circa 350 nel 1942, insieme ad altre armi, come i fucili mitragliatori Breda mod.30, ad accessori e minuterie varie.
Durante la seconda guerra mondiale la F.N.A. produsse diverse altre armi, come la Pistola semiautomatica “Sosso”, la mitraglietta FNAB-43 (presumibilmente prodotta da un progetto Armaguerra), il fucile semiautomatico Pavesi mod.1938 e mod. 1942 in 8x59 (rimasti allo stadio di prototipo).
Gli stabilimenti della fabbrica furono occupati dai tedeschi nel settembre 1943; questi supervisionarono la continuazione della produzione, concentrandosi su Moschetti [13], mitragliette come l'FNAB-43 e subappaltando la produzione di parti di pistole Mod. 35.
La FNA fu probabilmente anche la principale artefice sul territorio italiano della conversione del Carcano in 8x57 nel gennaio-marzo 1945. [14]
La fabbrica venne poi occupata dai partigiani nell'aprile del 1945.
Nel dopoguerra la produzione continuò ad intermittenza. Lo stabilimento fu posto nel 1947 sotto la F.I.M., il Fondo di finanziamento dell'Industria Meccanica, producendo commesse per l’estero (Come i famigerati moschetti Carcano convertiti in 8x57 per il governo egiziano) e aiutando nella produzione di parti per le Officine Meccaniche3 di Brescia (già produttori del prototipo Scotti OM 42).
Nel 1956 fu venduta al conglomerato Breda-Beretta-Hispano Suiza, che chiuse definitivamente la FNA nel 1957 [6].
Oggi i suoi edifici principali sono studi legali, e lo stabilimento di produzione principale è stato trasformato in un parcheggio.
Lo stabilimento di Via Apollonio, ex MIDA, è diventata una scuola tecnica
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ARMAGUERRA
Anonima Revelli Manifattura Armi Guerra - Genova
S.A. Armaguerra - Cremona
Nel 1934 l'ingegnere (autoproclamato) Gino Revelli*, si rivolse a Ettore Francesco Nasturzio, imprenditore genovese, sostenendo che stava costruendo un prototipo di fucile semiautomatico per un prossimo concorso per il Ministero della Guerra. Nasturzio accettò di finanziare lo sviluppo del prototipo con circa 100.000 lire, costruendo il primo modello funzionante in un'officina aziendale situata a Poggio Rusco. [15]
Questo prototipo fu la prima versione pratica di quello che sarebbe diventato il fucile semiautomatico Armaguerra Mod.39.
Pertanto, con un modello funzionante in fase di perfezionamento, il 21 Ottobre 1936 Nasturzio fondò a Genova la Società Anonima Revelli Manifattura Armi Guerra (A.R.M.A.GUERRA). Il capitale sociale dell'azienda, stabilito in 100.000 lire venne suddiviso in 100 azioni dal valore di 1.000 lire l'una. Il 48% acquistato dal sig. Nasturzio, 3% acquistato dal sig. Adriano Montano, e 49% del sig. Revelli. Quest'ultimo versò la sua parte di capitale sotto forma di macchinari ed attrezzi per l'allestimento dell'officina della Società a Villa Poma, in provincia di Mantova.
L'azienda aveva come presidente Nasturzio e come consiglieri Revelli e Montano (che diventerà poi Amministratore Delegato).
Il prototipo di Revelli riuscì a imporsi al di sopra dei suoi concorrenti nella prima gara indetta dal Ministero della Guerra per l’adozione di un fucile semiautomatico, iniziata a Gennaio 1938, ma nessuno dei modelli presentati presentava alcune delle caratteristiche innovative e funzionali richieste dal bando.
Pertanto un nuovo concorso fu bandito dal ministero nel Settembre 1938, e il modello di Revelli, nonostante non soddisfacesse di nuovo tutti i requisiti del bando, vinse. Il 21 Dicembre 1938 Gino Revelli depositò i brevetti legati ai meccanismi dell'arma, mettendo come cointestatario Nasturzio.
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Visto che il Regio Esercito aveva avanzato un ordine di 50.000 fucili (poi aumentati a 103.000) [15] e poiché si prevedevano 25 anni di lavoro assicurato per sostituire gran parte dei fucili mod.91 in servizio, il consiglio di amministrazione della Revelli Manifattura Armiguerra decise di aprire una fabbrica in proprio, invece di limitarsi a concedere in licenza la produzione del mod.39 ad un'altra azienda.
Con il contratto dell'esercito in mano, la promessa del governo italiano di un investimento di 15 milioni di lire per acqustare i macchinari necessari e a promesse di contratti extra,un contratto extra di 300.000 fucili Mod.38 [15] venne avviata la costruzione di un nuovo stabilimento produttivo a Cremona, presumibilmente su pressioni del prefetto locale Farinacci, o semplicemente per fargli un favore in cambio dei finanziamenti statali.
La costruzione del nuovo stabilimento di Cremona avvenne tra la fine del 1938 e il 1941, con macchinari importati dalla Germania e dalla Cecoslovacchia; con l’occupazione della Boemia e Moravia nel Marzo 1939, i tedeschi bloccarono una parte della commessa. Il 30 Settembre 1941 la Revelli Manifattura Armiguerra cambiò ragione sociale, diventando S.A. Armaguerra. La sede amministrativa rimase a Genova in via Roma 50, mentre lo stabilimento produttivo era in Via Castelleone a Cremona.
L’Armaguerra non fece in tempo ad allestire le linee di produzione del Fucile semiautomatico mod.39 che il Ministero della guerra interruppe bruscamente l'intero progetto mod.38 e del mod.39 a causa della prossima entrata dell’Italia nel secondo conflitto mondiale.
Il calibro 7.35x51 fu infatti completamente abbandonato per evitare problemi logistici durante il conflitto incombente.
Il Ministero della Guerra richiese di convertire la produzione dei fucili mod.39 al 6,5x52, ma questa conversione richiese tempo per lo sviluppo e il perfezionamento. Quando l'impianto fu pronto per la produzione in serie, producendo circa 200 esemplari, il Ministero della Guerra interruppe completamente la produzione di fucili semiautomatici, probabilmente perché ritenuta troppo costosa per le incombenti spese belliche del 1940.
Si trattò di una duro colpo economico sia per l'Armaguerra (che aveva investito milioni di lire nei nuovi stabilimenti di Cremona) sia per il governo italiano, che praticamente ruppe da un giorno all'altro un contratto da 12 milioni di lire del tempo, con tutte le sanzioni che ciò avrebbe comportato.
L'annullamento del contratto pose alcuni problemi anche al Regio Esercito, il quale, nei nuovi piani di organizzazione delle squadre di combattimento, aveva programmato l'adozione degli Armaguerra mod. 39 da parte di soldati specializzati (perlopiù sottoufficiali e tiratori scelti) e del fucile modello 38 per il resto della squadra fucilieri. Oltretutto lo Stato Maggiore non era soddisfatto della conversione ai 6,5x52 dei Fucili mod.38, in quanto la cartuccia in questione non poteva essere completamente sfruttata dalle canne di 500mm, ottenendo rese balistiche reputate "non all'altezza" delle necessità di combattimento. Considerando che i soldati Italiani si stavano battendo sulle montagne dell'Epiro e nei vasti deserti del Nord Africa si può anche comprendere questa "problematica".
La soluzione che trovarono fu un compromesso che avrebbe risolto l'enigma finanziario dell’Armaguerra dando alla squadra di fanteria il fucile di cui aveva bisogno: il Fucile mod. 91/41. Questo non era altro che una fusione del concetto di impiego dell’ Armaguerra mod.39 in 6,5x52, ossia ne manteneva lunghezza complessiva e lunghezza tra le mire, con un’azione basata sul consolidato sistema Carcano. Il modello di preproduzione, il mod. 91/40, aveva addirittura lo stesso sistema di mire posteriori ad Eccentrico dell’Armaguerra Mod.39; nel mod. 91/41 queste verranno sostituite da un più classico sistema a tangente simile a quelli usati sugli altri fucili e moschetti mod.91.
Con questo nuovo contratto per l'esercito di 300.000 armi (in sostituzione del precedente contratto per i Fucili mod.38), Armaguerra potè cominciare a sfruttare a pieno ritmo i suoi nuovissimi stabilimenti produttivi di Cremona, consegnando circa 50.000 fucili entro l’8 settembre 1943, con 6000 fucili in fase di completamento e collaudo [15]. Più probabilmente furono prodotte circa 100 mila canne tra settembre 1942 e Marzo 1943, poi altre 80-100mila canne tra Aprile e Settembre 1943, con qualche altro migliaio in fase di completamento. 50mila potrebbero essere i fucili effettivamente collaudati e consegnati entro l'8 settembre, ma le canne prodotte entro la stessa data risultano essere molte di più.
Dopo l'8 settembre 1943, con l'occupazione tedesca di tutto il nord Italia, lo stabilimento dell' Armaguerra fu sotto diretta supervisione tedesca, costringendo lo stabilimento a produrre armi (soprattutto a completare i mod. 91/41 in corso) e a produrre componenti per terze parti per poter aiuto nello sforzo bellico dell’Asse. Il consiglio di amministrazione e gli operai fecero del loro meglio per ostacolare il più possibile le produzioni, creando diversi problemi tecnici e veri e propri sabotaggi per impedirne il progresso.
Tuttavia i tedeschi nel 1944 imposero la produzione delle seguenti armi da fuoco:
- Conversioni di mod.91/41 in 8x57JS
- Produzione di 150.000 pistole mod.1935
- Produzione di altri progetti di armi leggere ordinando la produzione di circa 10.000 mitragliette. [15]
Ricordiamo che la Armaguerra sviluppò la FNAB 43, disegnata da Scalori, l’ OG 43 e OG 44, disegnati da Oliani Giuseppe, e la TZ-45 disegnata da Tonon e Zorzoli.
Nonostante le pressioni costanti, solo pochi fucili furono convertiti in 8x57, apparentemente senza gli accorgimenti necessari per farli funzionare efficacemente, e furono assemblate circa 400 pistole, con alcuni pezzi forniti da Beretta e con componenti minori fornite da altri subappaltatori. Operai e dirigenti della fabbrica vennero ripetutamente messi sotto pressione, minacciati e portati in più occasioni al quartier generale tedesco per ottenere qualche miglioramento nella produzione, cosa che non sembra essere arrivata.
Tra Dicembre e Febbraio 1944, stanchi dell'ostruzionismo della dirigenza e degli operai e con la prossima avanzata delle forze alleate dal sud, le forze tedesche requisirono e trasferirono la maggior parte dei macchinari al Nord, nella caserma "Gondar" di Vipiteno [16], in modo tale da poter continuare le produzioni, convertendo i mod. 91/41 in 8x57, in posizioni più sicure e controllabili. La Caserma Gondar cominciò la Produzione nel Marzo 1945 [17] sotto il diretto controllo della ditta Krieghoff [17].
I dirigenti dell’Armaguerra sostennero che parte dei macchinari vennero mandati nelle Gallerie antiaeree presso Campione del Garda [15], ma ad oggi non risulta dagli archivi tedeschi che gli impianti di Campione del Garda appartenessero effettivamente all’Armaguerra.
I dirigenti dell’ Armaguerra riportano che l'autore di questo trasloco fu un certo “Doct. Smend”, che voleva organizzare una difesa disperata del Tirolo, sottolineando che tale persona era ancora libera e in buoni rapporti con il governo militare alleato nel Maggio 1945, spacciandosi per un ingegnere civile. [15]
Dopo la Seconda Guerra Mondiale il vecchio imprenditore genovese Nasturzio insieme al suo amministratore delegato Montano riapri gli stabilimenti sotto il nuovo nome di "Officine Meccaniche Cremonesi" [15], per produrre piccoli motori per convertire le biciclette in "motociclette", ma questa impresa naufragò nel 1948.
Gli stabilimenti furono poi riconvertiti alla produzione di utensili meccanici per il mercato civile, sotto il marchio "A.S.P.I." prima, e con il marchio “Boldrini” poi. [18]
Dopo decenni di completo abbandono, oggi i suoi uffici sono stati in gran parte rasi al suolo, mentre gli stabilimenti produttivi sono stati trasformati in un centro commerciale e in una copertura per i parcheggi.
*Figlio del famoso progettista d'armi Abiel Bethel Revelli, l'uomo dietro la mitragliatrice FIAT-Revelli mod. 1914, la pistola Glisenti mod. 1910 e la “pistola mitragliatrice” FIAT mod. 1915 Villar-Perosa.
Gino nello stesso periodo stava lavorando al moschetto automatico Pavesi-Revelli; probabilmente fu anche l’artefice di un altro moschetto automatico, la cui nomenclatura non è ancora chiara ma che viene spesso presentato come Armaguerra mod.35.
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ALTRE AZIENDE ARMIERE ITALIANE
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BREDA
S.A. Ernesto Breda
L'Industria Breda iniziò la sua attività nel 1886 quando l'ingegnere e imprenditore padovano Ernesto Breda acquistò una vecchia fabbrica meccanica e locomotiva a Milano, fondando la "Ing. Ernesto Breda e C.".
La prima grande commessa fu per le Ferrovie Romene nel 1891, dando inizio ad una crescita esponenziale della fabbrica. Nel 1899 divenne Società Italiana Ernesto Breda per Costruzioni Meccaniche, e mentre le locomotive rimasero il focus principale, i nuovi stabilimenti di Sesto San Giovanni produssero molti altri macchinari e strumenti, inclusi alcuni trattori e macchine agricole.
Durante la Prima Guerra Mondiale la Breda dovette convertire gran parte delle linee di produzione allo sforzo bellico, producendo bombe, cannoni, trattori d'artiglieria, aerei e molti altri. I profitti erano altissimi, ma lo era anche la necessità di ampliare gli stabilimenti, per cui la Breda investì molti soldi, costruendo anche un'acciaieria e un complesso completo di laboratori di ricerca; ciò ovviamente causò diversi problemi nella riconversione alle produzioni esclusivamente civili nell'economia italiana paralizzata tra la fine degli anni '10 e l'inizio degli anni '20, e Breda mantenne e ampliò le sue linee di produzione legate al settore militare.
​
Nel 1925 acquistarono parte degli stabilimenti produttivi già appartenuti alla Fabbrica d'armi di Roma, per poi spostarli nel 1935 nei nuovi stabilimenti Breda Meccanica Romana di Torre Gaia (dove verranno prodotte la gran parte dei fucili mitragliatori Breda mod.30.
Nel 1926 trasferirono una grossa parte della produzione di armi in un nuovo stabilimento nella Città Industriale di Brescia; dove lentamente si sviluppò come una piccola cittadella, soprattutto con le commesse militari del 1934-1943 per le mitragliatrici pesanti Breda mod.1937 in 8x59 e per i cannoni antiaerei automatici da 20mm.
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FRATELLI GRAZIAN - VERONA
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ANELOTTI E GUALLA - BRESCIA
Anelotti G. e Cav. P. Gualla
Premiata manifattura d'armi, comincerà nel 1926 a produrre il Fucile Allievi Tiratori.
Aveva sede in via Luzzago 10 Brescia, Dietro i vecchi stabilimenti MIDA di Via Milano.
PRIVATE AMMO FACTORIES
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SMI
Società Metallurgica Italiana
La Società Mettallurgica Italiana venne fondata a Firenze nel 1886, con il contributo di capitali francesi e italiane, per produrre articoli metallurgici.
Il suo principale stabilimento per la lavorazione del rame fu aperto a Livorno nel 1887; nel 1899 furono acquistati il laminatoio di Mammiano e la fabbrica di chiodi e spilli a Limestre, in provincia di Pistoia. L'azienda è quotata in Borsa dal 1897; nel 1902 la famiglia Orlando, una delle più antiche dinastie industriali italiane nei settori della cantieristica, dell'acciaio, delle telecomunicazioni e dell'energia, assume il controllo della SMI e dei tre stabilimenti produttivi.
Nel 1910, un grosso appalto statale venne affidato alla SMI: nacque così lo stabilimento di Campo Tizzoro, inaugurato nel 1911, per la produzione di munizioni per pistole, fucili, moschetti e proiettili di artiglieria leggera per l'esercito e la marina italiana;
Nel 1915, con la Prima Guerra Mondiale in corso, venne costruito lo stabilimento Fornaci dei Barga in provincia di Lucca, inaugurato nel 1916.
Nel 1920 nasce la GIM (Generale Industrie Metallurgiche), holding della famiglia Orlando, quotata in Borsa nel 1930.
Nel 1935 acquista la maggioranza della Metallurgica Bresciana già Tempini, di cui mantiene gli impianti produttivi per la produzione di ferramenta e articoli metallici militari. La MBT manterrà la sua denominazione fino al 1958 quando la SMI la acquisirà completamente.
Durante la Seconda Guerra Mondiale tutti gli stabilimenti SMI furono bombardati, ma solo lo stabilimento di Livorno venne distrutto.
​
La SMI ha mantenuto la propria produzione di munizioni nel corso dei decenni, producendo munizioni 6,5x52 fino agli anni '70.
Negli anni '90-2000 SMI rivolse la maggior parte della propria produzione ai laminati metallici e alla minuteria, e nel 2006 divenne nota come KME group S.p.a.
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B.P.D. - Colleferro
Bombrini Parodi Delfino
Azienda fondata nel 1912 da Giovanni Bombrini e Leopoldo Parodi Delfino, con sede a Colleferro (RM). Viene creata come conseguenza della Guerra Italo Turca del 1911-1912 per prendere parte alle forniture militari. Lo stabilimento produttivo principale verrà completato nel 1913.
Con l'ingresso dell'Italia nel primo conflitto mondiale la produzione venne quasi completamente convertita alle necessità dello sforzo bellico, contribuendo alla produzione di polveri, munizioni, bombe a mano.
Dopo la Prima guerra mondiale, la fabbrica venne in parte riconvertita per produzioni civili, come concimi, insetticidi, calce e cemento.
Negli anni '30 vengono costruiti nuovi impianti metallurgici e meccanici, per la produzione diretta di cartucce, strumenti di precisione, bossoli d'artiglieria.
La crescita produttiva continuerà in maniera esponenziale grazie alle guerre d'etiopia, di Spagna e della Seconda Guerra mondiale, espandendo gli stabilimenti ed attirando nuovi cittadini per i centri abitati limitrofi.
Nel secondo dopoguerra la fabbrica continuerò a produrre polveri e cartucce per gli arsenali militari, accostati a propellenti per razzi e missili.
Nel 1968 venne acquistata dalla SNIA (poi Montedison), mantenendo la nomenclatura BPD fino al 1990, quando verrà definitivamente acquisita dalla FiatAvio S.p.A.​
​​S.I.G.M.A - Bologna
Società Italiana Generale Munizioni ed Armi - Bologna
Nata nel paese di Casaralta (vicino a Bologna) come subfornitrice delle Officine Meccaniche Reggiane, operò tra il 1913 e il 1919 producendo parti metalliche per munizioni.
Il 12 dicembre 1916 ricevette un contratto per la produzione di 175 milioni di "parti di munizioni" per la Fabbrica Nazionale di Munizioni di Bologna (Pirotecnico Bologna).
Il suo marchio S-B si ritrova su alcune lastrine mod.91 marcate Bologna prodotte tra il 1916 e il 1918.
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L.B.C.
S.A. Società Italiana Munizioni Leon Beaux & Co - Milano
Storica azienda di armi e munizioni sita a Milano in via Dante 14.
​Riscontrata su lastrine per mod.91
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L.P.
La Precisa - Brescia - Teano Scalo
Industria Meccanica sita a Brescia, spostatasi a Teano Scalo nel secondo dopoguerra.
​Riscontrata su lastrine per mod.91
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INUF
Fratelli Inuggi - Omegna
Storica azienda metalmeccanica con sede ad Omegna, ancora oggi attiva.
​Riscontrata su lastrine per mod.91
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R.R. - M.
​
S.A. Robinetterie Riunite - Milano
Storica azienda di Industrie Meccaniche sita a Milano in via Solari 69.
​Riscontrata su lastrine per mod.91
L.L.
​S.A. Le Lamiere - Milano
Azienda meccanica sita a Milano in via cesare balbo 16.
​Riscontrata su lastrine per mod.91
M.U.G.
​S.A. Metallurgica Ugo Gaggiottini
​​Storica industria metallurgica di Roma, precedentemente conosciuta come S.A. Gaggiottini Ugo & De Carolis Adolfo.
Durante la 1° Guerra Mondiale ottenne un contratto per la produzione di 140.000 inneschi d'artiglieria mod.85/99 per lo Stabilimento Pirotecnico di Capua.
Negli anni '20 e '30 collaborò alla costruzione di diversi edifici pubblici a Roma; nel 1935 vinse una medaglia di bronzo all'EXPO di Bruxelles.
Riscontrata su lastrine per mod.91 e per Breda mod.30
STABILIMENTI AUSILIARI
BAIONETTE
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Metallurgica F.lli Polotti fu Giacomo
Polotti Santo e figli - Lumezzane
Storica azienda di Lumezzane Pieve, produttrice di Baionette, lame e minuteria metallica per il Regio Esercito.
Nel 1939 diventa Polotti Santo e Figli.
Nel Dicembre del 1939 registra il brevetto per la baionetta a lama fissa del fucile mod. 38
Riscontrabile il suo marchio "PS" sulle baionette dei moschetti, dei fucili mod. 38 e su certe componenti.
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Serafino e Andrea eredi Gnutti
Storica azienda di Lumezzane fondata nel 1860 da Giacomo Gnutti, poi passata ai figli Serafino e Andrea. Fornitrice di lame e baionette per il Regio Esercito, oltre che a componenti di minuterie metalliche e a componenti metallurgiche varie.
Ancora operativa come Eredi Gnutti Metalli.
Marchio riscontrato sulle baionette mod.91 della Prima guerra mondiale e su calcioli di TS mod.91/38 prodotti durante la seconda guerra mondiale.
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Coltellerie Riunite di Caslino e Maniago
Fondata nel 1907 come Marx & C. dall'Imprenditore tedesco Albert Marx, aveva sedi a Maniago e Caslino.
Produttrice di Baionette per il Regio Esercito durante il primo conflitto mondiale. La sede di Maniago venne occupata dalle truppe Austriache nel novembre 1917, costringendo lo spostamento degli operai nello stabilimento di Casilino e in uno stabilimento in zona Brescia.
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ROCCA
​​Fabbrica d'armi Rocca Giacomo Primo & Figli
Ditta Rocca G. Primo
Ditta metallurgica fornitrice del Regio Esercito, della Regia Marina (Pistola Lanciarazzi brev. Tettoni) e della Regia Aeronautica (Armi portatili ed accessori, parti di armamento, portabombe, torrette, comandi di sgancio).
​Fondata nel 1885.
​Marchio presente su Baionette 1940-42 e sul cane di numerosi otturatori.
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FRANCHI
Luigi Franchi - Fabbrica d'Armi da caccia e da difesa - Brescia
​Società Anonima Luigi Franchi - Brescia
INFORMAZIONI RACCOLTE PRINCIPALMENMTE DALLE RICERCHE DI VAGANTE, PUBBLICATE SU POLVEREDOSICARTUCCE.COM
Storica azienda armiera bresciana, ancora attiva.
Erede di una lunga stirpe di imprenditori impegnati nel settore siderurgico, nel 1901 Luigi Franchi avvia un'attività di fabbrica d'armi con Ferdinando Colturi, che poi si distaccherà da questa impresa, unendosi a Lorenzotti nella fondazione della Colturi & Lorenzotti nel 1907.
Il negozio e l'officina originari si trovano in Viale Giuoco del Pallone n. 17 (ora Via Calatafimi, Brescia).
Nel 1911 riesce ad acquisire una parte della Fabbrica Bresciana di Armi, grande azienda armiera di inizio secolo, ampliandone le linee di produzione e le capacità commerciali. il 31 dicembre 1927 l'azienda diventa una vera e propria società, una Società Anonima, con azionisti e un consiglio di investitori, ma la direzione rimane saldamente nelle redini della famiglia.
Durante la seconda guerra mondiale produce baionette (secondo e terzo tipo M38) e castelli per Carcano, insieme a otturatori SMG (TZ 45 e altri), impiegando 200 lavoratori.
Dopo la seconda guerra mondiale l'azienda torna a produrre fucili da caccia civili, probabilmente collaborando con la FNA per convertire i Carcano in 8x57 per il governo egiziano nel 1948-53.
Dopo una crescita lenta ma costante, negli anni '70 l'azienda inizia un lento declino, che termina nel 2007 quando diventa una filiale della Benelli.
​
Il suo marchio si può riscontrare su Baionette e castelli Carcano
MINUTERIE METALLICHE
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F.A.L.C.
Fabbrica Armi Lario - Como
​Situata a Camerlata, oggi nel Comune di Como, presumibilmente in Via Scalabrini.
Esistente certamente nel 1905, fornitore della R.E. durante la Prima Guerra Mondiale, acquisita dalla MIDA nel 1917.
Dopo lo scioglimento della MIDA, ha ripreso autonomamente l'attività di produzione di armi, producendo fucili da caccia.
Chiusa nel 1929, acquistata dalla Beretta che trasferì i macchinari a Gardone VT
Marchio riscontrato su alcuni otturatori prodotti durante la prima guerra mondiale.
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FIVM
Fabbrica Italiana Viti e Minuterie metalliche
Situata a Milano.
Il 30 novembre 1938, con decreto presente nella Gazzetta Ufficiale, potècompletare l'acquisto e l'installazione dei macchinari per espletare le proprie funzioni.
Gennaio 1941 - ottobre 1941, segnalata come "società di produzione militare", quindi i suoi dipendenti e operai erano considerati essenziali per lo sforzo bellico.
22 marzo 1947, richiesta di mutuo alla banca Intesa San Paolo
Novembre 1953- marzo 1954 - Inchiesta Intesa San Paolo sugli affari in corso
Marchio riscontrato su diverse componenti accessorie dell'otturatore.
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INDUSTRIA ARMI GALESI
COLLEBEATO BRESCIA
Industria Armiera fondata nel 1910 a Collebeato, Brescia, produttrice di pistole automatiche di piccolo calibro.
Marchio (GALESI) riscontrato sul cane di alcuni otturatori.
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AUSONIA
Fabbrica Italiana Viti e Minuterie metalliche
Fondata nel 1919 a Maniago, vicino a Udine, era un'acciaieria specializzata in articoli metallici come coltelli e prodotti laminati.
​Ancora operativo oggi.
​
Marchio riscontrato su baionette per Moschetti e sul calciolo di TS mod.91/38 prodotti durante la seconda guerra mondiale.
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LAGOSTINA
S.A. Ing. Emilio Lagostina
Azienda di posate, pentole, tegami e prodotti d'acciaio nata nel 1901 ad Omegna (Novara).
Sviluppatasi rapidamente, sarà uno dei primi produttori di Pentole in acciaio inossidabile negli anni '30.
Dopo aver contribuito allo sforzo bellico durante la seconda guerra mondiale, tornerà sul mercato delle pentole, concentrandosi solo sui prodotti inox e sulle pentole a pressione.
Grazie al genio pubblicitario di Osvaldo Cavandoli e del suo personaggio "La Linea", negli anni '70 la Lagostina diventa una ditta riconosciuta immediatamente da tutti gli italiani.
Ditta oggi ancora operativa.
Marchio riscontrato sui calcioli di alcuni Fucili mod.41.
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Ditta Gaetano Fugini
Storica Azienda di ferri da taglio (Coltelli, attrezzi da chirurgo, attrezzi per giardinaggio, ecc.) con sede a Brescia in Corso Magenta 3.
Fondata prima del 1835 da Luigi Fugini, nel 1876 passò a Gaetano Fugini, che ne ampliò l'attrezzistica e le capacità produttive. Nel 1890 l'azienda passa a Giuseppe Fugini, che continua l'ampliamento aziendale espandendo anche le capacità commerciali, distribuendo cataloghi e stringendo accordi con diverse istituzioni.
Durante la prima guerra mondiale, temendo una possibile avanzata austriaca, Giuseppe trasferì gli stabilimenti produttivi ad Arcellasco, frazione di Erba, in provincia di Como; qui Fugini ampliò le capacità aziendali dedicandosi anche allo stampaggio dell'acciaio.
Ditta oggi ancora operativa.
​Marchio riscontrato sui calcioli di alcuni Moschetti (GF era un subappaltatore riconosciuto della Beretta)
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C.A.B.
Cantieri Aeronautici Bergamaschi - Airone
Caproni Aeronautica Bergamasca
Azienda aeronautica fondata nel 1920 a Ponte San Pietro (Bergamo) con il nome di Airone. Nel 1927 cambiò ragione sociale in Cantieri Aeronautci Bergamaschi, e nel 1929 venne acquisita dal Gruppo Caproni, che nel 1931 la rinominerà Caproni Aeronautica Bergamasca.
​​Marchio (C.A.B.) riscontrato sul cane di alcuni otturatori.
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TBP
MATERIE PLASTICHE
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LAMPA - MILANO
S.A. Lavorazioni Applicazioni Materie Plastiche e Affini - Milano
Azienda specializzata in materie plastiche, resine, lavorazioni latte ed affini. Operativa dalla seconda metà degli anni '30 agli anni'40, aveva sede a Milano in via Valtorta 9.
Collabora negli anni anche con la ditta "Castelli-Gerosa", storica produttrice di medaglie e distintivi, oggi O.M.E.A.
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Produttori di Oliatori per armi mod.91-38
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AGOSTINI - F.A.L.C. - S.A.
S.A. Fabbrica Agostini Augusto Lavorazioni Celluloide - Milano
Fabbrica di articoli legati a materie plastiche, risultano diversi brevetti per raffigurazioni sacre.
Presente a Milano in via Ampère 116 dal 1933 al 1943.
Produttore di oliatori per armi mod.91-38-41
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RADI - Riva s/G
Azienda specializzata in apparecchi telefonici, resine e impianti elettrici, fondata nel 1927 da Serafino Radi, con sede a Rovereto e Riva del Garda.
La sede di Riva del Garda venne chiusa nel 1968, quella di rovereto verrà acquistata dall'americana Rheem diventando Rheem-Radi nel 1969.
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Produttori di Oliatori per armi mod.91-38-41
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CUOIAME
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REJNA
S.A. Achille Rejna
Storica azienda milanese fondata nel 1885, specializzata in cuoio e finimenti per cavalli e carrozze. Negli anni si sviluppò enormemente, specialmente per la produzione di molle e cuscinetti a sfera, diventando una dei leader nazionali in questo campo.
Azienda fornitrice del Regio Esercito fin dagli inizi del '900.
Fornitrice di Fonde per moschetto, 1935.
A.G. FRATELLI ROSSI - VERONA
Fornitrice di Fonde per moschetto, 1935.
BRUNO FERRARI - TORINO
Fornitrice di Fonde per moschetto, 1935.
C. CAVALLERO - TORINO
Fornitrice di Fonde per moschetto, 1935.
A. SINIGAGLIESI - TORINO
Fornitrice di Fonde per moschetto, 1935.
UGO FRATTINO - TORINO
Fornitrice di Fonde per moschetto, 1935.
LEGNAMI
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Rosa Pietro & Figli
Azienda avviata nel 1900 a Maniago, vicino ad Udine, specializzata nell'importazione e lavorazione del bamboo.
Marchio riscontrato sotto le guancette di alcune baionette mod.91.
[1] "Ministero per le Armie e munizioni - Contratti" - Pubblicazioni degli Archivi di Stato, F. Romana Scardaccione, 1995
[2] “BiEsse – Rivista di storia Bresciana”
[3] "Breve storia delle armi Bresciane" di M.Signorini, 2008
[4] "Istruzione per l'uso del fucile semiautomatico Scotti mod. X" - 1933, S.A. Armi automatiche Scotti
​[5] “Memoriale Fabbrica Nazionale d'Armi (ex Lorenzotti) di Brescia”, FNA, O. Villa, October 18th 1932
[5a] "Fabbrica d'Armi Pietro Lorenzotti - Catalogo illustrato Anno1949"
[6] "Campo Tizzoro e la Società metallurgica italiana. L'utopia di un paese fabbrica", R. Lenzi, 2019
[7] “Pistola Automatica da guerra “Sosso” F.N.A. - Brescia” – S.A. F.N.A. - Brescia 1941
[7b] "Capacità produttiva di armi portatili, artiglierie e munizionamento" - Ministero della Guerra, Giugno 1943
[8] “Rüstungsfertigungen, Erfassung und Abtransport von Rüstungsgütern aus dem oberitalienischen Raum nach Deutschland.”, Bundesarchiv
[9] “ Speciale di Armi e Tiro - Le armi della repubblica sociale italiana”, Editoriale C&C, 2022, R. Pettinelli
[10] "Memorandum on the activity of the "Armaguerra" Ltd - from its birth to Liberation day" - S.A. Armaguerra, A. Montano, May 19th 1945
[11] “Betriebsverlegungen italienischer Schlüsselfertigungen im oberitalienischen Raum und im Alpenvorland”, Bundesarchiv