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FUCILE MODELLO 1941
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Nota dell'Autore
Queste armi vengono denominate nei vari documenti ufficiali sia come Mod.41 (o M41) che come Mod. 91/41.
​Seguendo la nomenclatura più in uso tra i collezionisti, ho preferito usare mod. 91/41, ma entrambe le nomenclature sono corrette.
SVILUPPO
Per comprendere l'adozione e la produzione del Fucile mod.91/41 dobbiamo tornare a ciò che stava accadendo alla fine degli anni '30 nel Regio Esercito Italiano.
Come abbiamo visto nello sviluppo del Fucile corto mod.38, l'Esercito stava cercando di riformare l'equipaggiamento e le tattiche della squadra fucilieri attorno a tre sistemi d'arma, legati all'adozione della nuova cartuccia in 7.35:
- Un nuovo fucile a ripetizione ordinaria per la maggior parte della squadra, il Fucile corto mod. 38.
- Il Fucile mitragliatore Breda 30 convertito in 7,35x51
- Un fucile semiautomatico in 7,35x51 per equipaggiare i migliori (presumibilmente 3) tiratori della squadra.
​
Quest'ultimo, dopo diverse gare senza nessun vincitore preponderante, risultò essere l'Armaguerra Mod. 1939, di cui vennero ordinate 103.000 unità nel 1939.
La Società Anonima Armaguerra era appena riuscita a completare le prime linee di produzione di un nuovo stabilimento a Cremona, quando l'intera adozione dei sistemi d'arma in 7.35 venne completamente annullato. l'Armaguerra venne incaricata di convertire la produzione del mod. 39 al 6,5x52, allungandone la canna per sfruttare al meglio il potenziale balistico della vecchia munizione, ma anche questo progetto, dopo poche centinaia di esemplari prodotti, venne interrotto definitivamente.
Questo portò a dure ripercussioni economiche sia per l'Armaguerra (che aveva investito milioni nei nuovi stabilimenti di Cremona) sia per il governo italiano, che praticamente annullò da un giorno all'altro un contratto da 12 milioni di lire, con tutte le conseguenze legali ed economiche che ciò avrebbe comportato.
In questo contesto, il Ministero della Guerra si ritrovava a fornire migliaia di nuovissimi Fucili mod.91/38 ma nessuno dei fucili "specializzati" per i migliori tiratori della squadra, che sarebbero stati piuttosto utili sulle lunghe distanze dei monti dell'Epiro e del deserto libico. In particolare gli ufficiali dello Stato Maggiore erano preoccupati in quanto il fucile mod.91/38 non aveva una canna sufficientemente lunga per poter sfruttare al meglio il potenziale balistico del 6,5x52.
​​Questo problema non era un urgenza particolare per il Regio Esercito, visto che le tattiche di impiego del 1939 prevedevano che i fucilieri offrissero un generico fuoco di copertura ai mitraglieri in movimento, alternandosi nella copertura.
La necessità di un fucile con maggiore potenzialità balistiche all'interno della squadra poteva essere parzialmente risolto continuando a utilizzare il vecchio Fucile Mod. 1891, ma sicuramente non era una soluzione definitiva. Terni comunque iniziò a produrre nuove parti per Fucile Mod. 91: si trovano spesso canne di ricambio marchiate 1941, in gran parte riciclate nel dopoguerra.
Nel frattempo lo stato maggiore stava cercando una quadra per tutti questi problemi, lavorando con i capi tecnici di Terni.
La soluzione che trovarono fu un compromesso che avrebbe risolto gli immediati problemi finanziari dell'Armaguerra, offrendo al contempo alle squadre di fanteria il fucile di cui avevano bisogno: il Fucile mod. 91/40.
Fucile mod. 40
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Messo a punto da Roberto Boragine, Capo Reparto Progetti della Direzione Superiore del Servizio Tecnico Armi e Munizioni, il Fucile mod. 91/40 (parleremo del Mod. 91/41 più avanti) era la fusione del manuale d'uso dell'Armaguerra mod. 39 in 6,5x52 con l'azione di un Fucile mod.91.
- Manteneva la lunghezza totale e la distanza tra alzo e mirino dell'Armaguerra in 6,5x52 (1175mm e 620mm del mod.40 contro 1170mm e 600mm dell'AG mod.39)
- Montava lo stesso tipo di alzo, ad eccentrico, con un bottone rotante (simile a quello dell'Ag m/42 Ljungman) graduato da Da 100 a 500 metri
- Utilizzava azione, profilo della canna (con ingrossamento arrotondato e rigatura a passo costante) e calciatura del fucile mod.1891, ridimensionata alla nuova lunghezza della canna.
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​Questo fucile, nonostante sia stato formalmente adottato, è rimasto allo stadio di prototipo/pre-produzione, con solo una manciata di esemplari prodotti. Ad oggi risulta che un esemplare sia conservato al Museo storico Italiano della guerra di Rovereto, mentre un altro risulta conservato al Museo Internazionale Armi Leggere di Terni.
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Fucile Mod. 41
​La soluzione definitiva arrivò con il modello 91/41, sempre su progetto di Boragine, che sostituì l'alzo ad eccentrico del mod. 91/40 con una alzo proprietario, simile a quella dei Moschetti, ma leggermente più alto e graduato da 300m a 1000m, con una tacca di mira fissa tarata per i 200m.
Inoltre l'arma fu dotata di attacchi per la cinghia laterali e inferiori, in modo tale da poter essere facilmente impiegabile da tutti i corpi del Regio Esercito.
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PRODUZIONE ED USO
Il fucile è stato prodotto dalla Fabbrica d'Armi di Terni e dalla S.A. Armaguerra - Cremona, per un totale di circa 925mila esemplari.
L'arsenale di Terni iniziò la produzione nel 1941 (prefissi seriali: A-Z, AA-BH) e la terminò in concomitanza all'Armstizio dell'8 settembre 1943, con la conseguente rimozione della maggior parte dei macchinari di Terni ad opera delle forze tedesche.
La ditta Armaguerra lo produsse a partire dal 1942, riuscendo a produrre e consegnare circa 50.000 fucili entro l'8 settembre 1943, di cui circa 6.000 (sic)[1] in fase di collaudo (quindi indicativamente coprendo l'intervallo di prefissi seriali QA-QG). Quando i tedeschi presero il controllo della fabbrica, riuscirono ad assemblare, tra il novembre 1943 e il novembre 1944, circa 41.850 fucili [2], prima di rimuovere i macchinari dell'Armaguerra per trasferirli a Vipiteno e Campione del Garda.
​Questi fucili, come i moschetti, a partire dal Marzo-Aprile 1943 non presentano più chiaramente produttore e anno di fabbricazione, probabilmente come misura preventiva dopo il fallimento della campagna d'Africa e la possibilità di invasione del territorio Nazionale.
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Esempi di Marchi Terni
Esempi di marchi Armaguerra
La leggenda narra che il Fucile mod.91/41 sarebbe stato inizialmente assegnato alle unità di fanteria degli Alpini, da cui il soprannome, circolante nei circoli di collezionisti, di "fucile Alpino". Se questa storia fosse vera, sarebbero stati assegnati molto probabilmente in primis al Battaglione sciatore Monte Cervino, unità degli alpini moderna e d'elite, dotata di equipaggiamenti di prim'ordine per la seconda guerra mondiale, come gli scarponi con suola in gomma Vibram.
Nonostante la leggenda, trovare prove fotografiche o documentali (o amche solo resoconti diaristici) che attestino la distribuzione del fucile prima del Luglio 1943 è davvero difficile , tra tutti i reparti dell'esercito, alpini compresi.
Perdipiù risulta una circolare dello stato Maggiore Italiano datata Marzo 1943 che riporta: "Il Fucile mod.91/41, cal. 6.5 [...] è stato realizzato per sostituire il Fucile mod.91. [...] Bisogna ancora determinare a quale unità distribuirlo." [3]
Alcuni libri affermano di mostrare foto del mod. 91/41 precedenti al 1943 ma, per ora, si tratta di fucili lunghi mod.91 o mostrano foto scattate dopo il luglio 1943.
Il fucile compare palesemente per la prima volta nell'estate del 1943, nelle mani dei reparti di retrovia, sia in addestramento che in attività di ordine pubblico: la più famosa è una serie di foto che ritraggono un reparto di fanteria armato di mod.41 mentre pattugliano le strade di Milano il 27 luglio, per controllare i disordini civili e le feste sfrenate seguite alla caduta di Mussolini, avvenuta il 25 luglio.
​Dopo l'8 settembre 1943 i magazzini del Regio Esercito vennero spalancati e migliaia e migliaia di fucili e mitragliatori nuovi di zecca furono catturati dai tedeschi, che li inviarono in patria oppure li distribuirono alle forze collaborazioniste della RSI.
Anche le forze cobelligeranti con gli eserciti Alleati nell'italia del sud ebbero in dotazione quest'arma.
Il fucile mod.91/41 è assolutamente predominante nelle immagini dei partigiani italiani, delle milizie fasciste italiane e talvolta anche nelle unità volkssturm o nelle unità regolari dell'esercito tedesco (per lo più nelle mani dei reggimenti SS-Polizei).
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