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MOSCHETTO MOD. 91/38
PER TRUPPE PARACADUTISTE
INTRODUZIONE
Verso la fine del 2008, diverse foto di un Carcano più unico che raro hanno iniziato a circolare online. Il Carcano in questione era un Moschetto mod.91/38 con la baionetta e l'astina rimossi. Invece di una calciatura solida e compatta, aveva uno spacco peculiare nella sua parte mediana, con diversi rinforzi metallici. L'arma in questione era, in effetti, un Moschetto smontabile con un blocco e una canna con la filettatura a passo interrotto.
Data la somiglianza di questo progetto ad altri fucili sviluppati per i paracadutisti giapponesi e tedeschi, Internet e diversi autori hanno immediatamente iniziato a speculare sulle sue origini. Tra le varie ipotesi avanzate, una delle più quotate era che si trattava di un progetto segreto nazista avviato dopo l'occupazione dell'Italia nel settembre 1943, per fornire ai loro paracadutisti, o ad altre truppe d'élite, un'arma altamente compatta per operazioni speciali, costringendo i tecnici italiani ad usare i brevetti tedeschi per trasformare l'arma per le necessità della Wehrmacht.
A mio modesto avviso, ritengo che tali speculazioni siano esagerate, sia in termini di elevazione dell'apprezzamento tedesco per le armi italiane e, allo stesso tempo, rinforzino pregiudizi "culturali" di bassa lega ("I tecnici italiani non possono aver concepito una cosa del genere, devono essere stati per forza i tedeschi ad imporre i loro progetti!").
​La verità è molto più semplice e non ha assolutamente nulla a che fare con l'occupazione tedesca.
CONTESTO STORICO
Ascari dell'Aria
Nonostante ciò che si possa pensare, il primo reggimento paracadutisti italiano non fu formato all'interno delle file del Regio Esercito o della Regia Aeronautica italiana.
Infatti, le origini dei paracadutisti italiani possono essere ricondotte alle Truppe Coloniali sotto il maresciallo Italo Balbo, governatore della Libia.
Balbo, essendo uno dei più influenti leader fascisti e, praticamente, la forza principale dietro la costituzione della Regia Aeronautica alla fine degli anni '20/inizio anni '30, fu "esiliato" in Libia per non togliere troppo spazio mediatico a Mussolini; qui, in questo "esilio dorato", il maresciallo dell'aria migliorò le infrastrutture, 'industria, l'agricoltura e la società libica in generale, favorendo l'integrazione dei coloni italiani e il loro rapporto con la popolazione locale.
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Essendo uno dei leader più dinamici e innovativi del Paese, Balbo sostenne la formazione di un'unità di paracadutisti già a metà degli anni '30. Tuttavia, dovette presto affrontare la tenace opposizione e le rivalità tra gli stati maggiori dell'Esercito, dell'Aeronautica e del partito fascista, ognuno a pretendere l'onore di formare e organizzare il nuovo corpo.
Frustrato dagli ostacoli burocratici alla formazione di un'unità formale, decise di prendere in mano la situazione.
Come governatore della Libia e comandante in capo del settore nordafricano, aveva una notevole autonomia, nonostante fondi e risorse limitati. Tuttavia, utilizzò al meglio le sue risorse, chiamò alti ufficiali dall'Italia, reclutò volontari sia dall'esercito che dalle unità degli Askari e, nel marzo 1938, istituì la prima, rudimentale scuola di paracadutisti nel Regno d'Italia, il "campo di addestramento per paracadutisti libico". Ricorse persino al sequestro di aerei dal servizio di trasporto civile per addestrare l'unità nei primi mesi.
Il primo battaglione di questi "Ascari del Cielo" venne formato con 300 soldati libici e 30 ufficiali italiani per addestrarli e coordinarli. Dopo quattro settimane di intenso addestramento, il battaglione condusse con successo la sua prima esercitazione di lancio poco fuori dalla base dell'aeroporto Castel Benito.
La formazione e il rapido successo di questa unità spinsero finalmente il Regio Esercito ad istituire formalmente un reggimento paracadutisti. Con l'assistenza di diversi ufficiali degli Ascari del Cielo, che portarono la loro esperienza di addestramento, il 15 ottobre 1939 fu creata una Scuola Paracadutisti italiana a Tarquinia.
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1° REGGIMENTO PARACADUTISTI
Nel giugno 1940 decine di ufficiali furono assegnati (perlopiù dietro richiesta volontaria) alla scuola paracadutisti e il 1° luglio fu formato il 1° battaglione paracadutisti con volontari di altri corpi dell'esercito, presto seguito da altri tre battaglioni e da una compagnia di cannoni anticarro, creando così il 1° reggimento paracadutisti.
L'addestramento era rigoroso e d'élite, seguendo gli esempi già comprovati degli Ascari del Cielo e dei Fallschirmjager tedeschi che li avevano preceduti.
Il primo impiego del nuovo reggimento avvenne nell'aprile 1941, quando alcune unità furono inviate a prendere possesso dell'isola greca di Cefalonia, cosa che fecero senza incontrare resistenza.
​
Nel 1941, furono formati altri sette battaglioni e due compagnie, creando altri due reggimenti di paracadutisti. L'8° battaglione rimase indipendente, fungendo da unità del Genio della divisione. Con tre reggimenti in forze, la 1a divisione paracadutisti fu istituita nel settembre 1941.
In previsione dell'invasione di Malta (Operazione C3), la divisione appena formata venne inviata nelle campagne vicino a Brindisi per addestrarsi insieme alle forze Paracadutiste Tedesche, in modo tale da apprendere le migliori tattiche dai veterani delle campagne di Belgio, Norvegia e Creta.
Dopo che l'invasione di Malta venne annullata nella primavera 1942, la divisione (rinominata 185a divisione "Cacciatori d'Africa" per ingannare l'intelligence nemica) fu schierata nel teatro nordafricano nel luglio 1942. Qui, dopo alcune battaglie, fu rinominata divisione "Folgore" nell'agosto dello stesso anno.
La divisione "Folgore" copriva il fianco meridionale delle linee del fronte dell'Asse a El Alamein durante l'attacco britannico del 24 ottobre 1942. Confrontata dalle forze francesi e dalla 44a Divisione britannica, la cui missione era quella di fiancheggiare le chiudere la tenaglia attorno alle forze dell'Asse, la "Folgore" resistette strenuamente per due settimane di ripetuti e continui attacchi nemici, sempre respinti dalle forti posizioni difensive dei paracadutisti.
I paracadutisti combatterono con tutto ciò di cui erano dotati: Moschetti Mod. 91/38, Moschetti Automatici Beretta mod.38A, mitragliatrici Breda 30 e 37, fucili anticarro Wz. 35 e Solothurn, cannoni anticarro Mod. 35 47/32, mine anticarro, granate e persino molotov improvvisate.
Anche quando le unità tedesche iniziarono a ritirarsi il 4 novembre, la "Folgore", insieme ad altri reggimenti italiani, rimase in prima linea per coprire la ritirata di altre unità (o, in alcuni altri casi, semplicemente perché non erano stati avvisati della ritirata). Si arresero solo il 6, dopo aver esaurito le minizioni e dopo aver distrutto tutte le loro armi. Gli inglesi offrirono ai superstiti l'Onore delle Armi, un riconoscimento formale e cerimoniale per celebrare il valore in combattimento di un nemico.
Alcune unità di paracadutisti che riuscirono a disimpegnarsi e raggiungere altre colonne in ritirata continuarono a combattere in Tunisia, riorganizzate nel 185° "Battaglione Folgore" sotto il 66° Reggimento di fanteria "Trieste". Dopo diverse battaglie, il Battaglione fu ulteriormente disintegrato, arrendendosi con il resto delle unità italiane l'11 maggio 1943.
Alcuni paracadutisti riuscirono a essere rimpatriati dopo El Alamein e la fallita campagna di Tunisia, e furono ridistribuiti nell'Italia settentrionale, alcuni per curare le proprie ferite e altri per riorganizzare i reggimenti paracadutisti ancora in addestramento.
Quando arrivò l'armistizio dell'8 settembre, i paracadutisti si trovarono divisi, come molti altri corpi italiani, tra la scelta di continuare a combattere sotto Mussolini con i tedeschi, arrendersi ed essere internati nei Lager tedeschi, o andare al sud e unirsi alle forze alleate sotto il Re e il generale Badoglio. Molti ufficiali decisero di combattere i tedeschi, mentre altri scelsero di unirsi a loro.
Uno degli episodi più eclatanti avvenne in Sardegna, dove il XII battaglione paracadutisti decise di unirsi alla 90a divisione panzergrenadier, ammutinandosi contro i propri superiori e assassinando il capo di stato maggiore, Alberto Bechi Luserna.
Così, i Paracadutisti mantennero la loro presenza sia nella Repubblica Sociale Italiana che tra le forze cobelligeranti nell'Italia meridionale. Queste ultime riuscirono infine a intraprendere una vera e propria azione aerea di paracadutismo nell'aprile del 1945, durante l'Operazione Herring, lanciandosi da aerei americani C-47.
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Paratroopers at Kefalonia, April 1941
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1st Paratrooper Division during Training near Brindisi
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Paratroopers of the "Folgore",
​in the El Alamein southern sector
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Paratrooper POW
​in May 1943, Tunisia
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Alberto Bechi Luserna,
Paratrooper chief of staff
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Paratroopers of the co-belligerant "Nembo" division,
​ready to take part of Operation Herring On April 1945
DESCRIZIONE DELL'ARMA
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MARCHI
​L'arma inizialmente venne prodotta come un Moschetto mod.91/38 'Standard'. Le virgolette su 'Standard' sono dovute alla data e al produttore di questa specifica arma: ogni singola parte porta i marchi della Fabbrica d'Armi di Terni. Questi marchi si trovano sulla canna, sul castello e, come cartiglio, sul calcio. La canna è marcata '1941 Terni', mentre il calcio riporta la data '1942'. Come i collezionisti più navigati avranno notato, Terni nel 1941 non produceva Moschetti Mod.91/38; la produzione dell'arsenale era focalizzata esclusivamente sui fucili Mod.91/38 e sui successivi Mod.91/41. L'arma porta il numero di serie 2, marchiata sul calcio come qualsiasi altro fucile italiano. Ciò indica che l'arma è stata realizzata da un Arsenale italiano e che ne è stato realizzato più di un singolo prototipo.
SPECIFICHE
Il Moschetto mod. 91/38 presenta una calciatura tagliata a metà, direttamente davanti alla parte anteriore del castello. Ogni metà è stata rinforzata con un rinforzo metallico meticolosamente sagomato, sia sul taglio stesso che attorno ad esso, tenuto in posizione da due viti trasversali.
Sulla parte inferiore del rinforzo metallico anteriore, c'è una piccola leva, tenuta in posizione da una molla. Il rinforzo metallico posteriore ha una svasatura corrispondente per ospitare questa leva, mantenendo il fucile saldamente insieme quando necessario.
La canna del Moschetto presenta delle filettature più ampie ed interrotte in tre punti, consentendo alla canna di essere ruotata di mezzo giro dal Castello ed essere così libera per lo smontaggio.
La canna stessa presenta un anello metallico aggiuntivo davanti alla tacca di mira, utilizzato per fissare saldamente la canna in posizione. Questo anello metallico si estende nel calcio ed è intercettato da un vitone di rinforzo trasversale, che tiene saldamente insieme le parti dell'arma, consentendone un allineamento costante ed affidabile.
Quindi l'astina mancante è una necessità, poiché il moschetto in questa configurazione necessitava di un'astina appositamente intagliata. La mancanza della baionetta potrebbe invece essere dovuta alla mancanza di necessità della baionetta da parte dei paracadutisti (o addirittura al suo possibile rischio per la sicurezza durante i lanci).
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IL BREVETTO DI REGOLI
Regoli Aimone era un sottotenente dell'esercito italiano. Nato a Torino il 23 giugno 1914, si laureò in Ingegneria meccanica presso l'Università di Torino. Sembra che abbia sviluppato una spiccata propensione per le creazioni meccaniche, propensione che non mancherà di applicare durante il servizio militare. Nel giugno del 1940 fu tra i primi ufficiali assegnati alla Scuola Paracadutisti di Tarquinia (Nel ruolino è indicata come "1° Reggimento Granatieri, Deposito truppe"), dove ebbe il suo primo lancio il 27 novembre.
Qui riuscì a sviluppare e registrare diversi brevetti relativi alle sue attività di paracadutista. La maggior parte sono relativi al miglioramento degli oggetti aviolanciati, uno è un brevetto per un nuovissimo tipo di granata (non disponibile negli archivi) e l'ultimo, e più importante per la nostra discussione, è il brevetto per un "Sistema o dispositivo per smontare facilmente armi leggere con canne lunghe, in particolare il fucile e il moschetto mod.91".
Questo brevetto fu presentato il 14 settembre 1942 e fu approvato definitivamente il 4 marzo 1943.
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IL DILEMMA DELL'UOVO E DELLA GALLINA
Nel corso dei decenni, diversi collezionisti e autori hanno attribuito l'ideazione del fucile da paracadutista scomponibile ai tecnici tedeschi, il che potrebbe essere del tutto accurato.
Tuttavia, pochissimi, se non nessuno, si sono addentrati nello sviluppo effettivo del fucile scomponibile. Mentre abbiamo diversi disegni dei brevetti della Mauser per il calcio ribaltabile (adottato anche dai giapponesi come fucile da paracadutista Type 1), vi è una carenza di fonti primarie riguardanti lo sviluppo o il servizio della versione smontabile successiva. La nostra conoscenza riguardo questo progetto è limitata ad alcune fotografie del servizio d'ordinanza Luftwaffe/Fallschirmjager che mostrano lo smontaggio e il rimontaggio dell'arma.
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Poi c'è il cosiddetto fucile da paracadutista "Type 100", sviluppato dalla Marina giapponese a partire dai fucili Type 99 esistenti nell'arsenale di Nagoya. Come sanno la maggior parte degli appassionati di ex ordinanza giapponesi, la designazione "Type 100" nella nomenclatura del servizio militare giapponese indicherebbe un'arma sviluppata nel 1940.
È mai possibile che i giapponesi, in particolare la Marina giapponese, fossero così avanzati nella logistica e negli armamenti dei paracadutisti da sviluppare un fucile da paracadutista smontabile prima ancora che i tedeschi si rendessero conto della sua assoluta necessità, palesatasi solo dopo l'invasione di Creta a metà del 1941? O è più probabile che questa nomenclatura sia stata aggiunta retroattivamente dopo che i fucili da paracadutista Type 1 e Type 2 avevano raggiunto una fase di sviluppo avanzata?
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Abbiamo il brevetto italiano di Regoli datato settembre 1942, data che indicherebbe palesemente solo l'ultimo passaggio di questa creazione. Ma cosa lo ha preceduto? Quale tra le forze dell'Asse è stata la prima a sviluppare questo modello di scomponimento dell'arma e successivamente a condividerlo con le altre due potenze?
​Attendo con ansia i contributi di altri storici e collezionisti, con la scoperta di nuove fonti primarie per far luce su queste questioni!
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